Danze Polovesiane
“L’Europa ha accolto con cordialità singoli (spesso i più illustri) rappresentanti della nostra nazione, ma in generale l’enorme Russia è rimasta per lo straniero un paese di barbari”, scrive Tamara Karsavina nelle sue “Memorie” .
Il disincantato giudizio della grande ballerina non si applica ai barbari delle Danze Polovesiane, penultimo balletto di Fokin nella prima serata parigina dei Ballets Russes al Théâtre du Châtelet, dove divennero subito fashionable. Secondo alcuni storici, il 19 maggio 1909, première ufficiale della compagnia di Djagilev a Parigi, le Danze Polovesiane ottennero un trionfo senza pari. Il balletto, un eroico e sensuale divertissement di danza selvaggia e feroce in cui un gruppo di schiavi intrattiene il Principe Igor, catturato dalla tribù tartara dai Polovesiani, era stato creato dall’impresario partendo dalla serie di danze che costituisce il finale del secondo atto del Principe Igor di Aleksand Borodin (autore anche del libretto), opera di straordinaria vitalità e originalissima intelligenza musicale. Per quanto conservato nei repertori di molte compagnie internazionali di balletto, il “numero” delle danze tratte dal Principe Igor fu raramente rappresentato nel contesto lirico ricreato da Djagilev a Parigi, con la presenza in scena di un coro e di un cantante solista.
Anche a Milano, nel 1920, le critiche furono positive, ma senza folle in delirio.
“Poi, le deliziose danze tartare del Principe Igor sulla musica di Borodine: fiori selvaggi a fasci – scrive a.f. sul Corriere delle Sera – Balli di donne e di arcieri, e lente canzoni in un orizzonte avvampato di rosso. A ognuno dei tre balli (il programma della serata prevedeva anche Carnaval e Petruška, ndr) acclamazioni di sorpresa e di ammirazione”. “Questi ballerini e ballerine – prosegue il recensore – sono veramente fenomenali. La leggerezza aerea delle loro danze, che sembrano tumulto, è composta di una squisita armonia di grazia. E’ un succedersi di piccole e grandi meraviglie. Strano, pure nell’orgia irrefrenabile delle danze, un senso indefinibile di misticismo, un fervore trasognato.
Gli scenari (…) urlanti di colore, ma pieni di aspra armonia. E i costumi, mirabili: di toni, di trovate, di carattere. Tutti i ballerini apparvero eccezionali.”
Le Danze polovesiane furono riproposte alla Scala nel 1952, a conclusione di una serata “tutta Fokin”. Ugo dell’Ara (definito qui “capo polovesiano) , Vera Colombo (ragazza polovesiana) e Gilda Majocchi (schiava persiana) nei costumi di Nicola Benois, anche autore delle scene, ottennero, con il corpo di ballo scaligero, largo successo.