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Icaro

Nella stessa, seconda, serata del Balletto dell’Opéra di Parigi alla Scala, il 10 giugno 1951, Serge Lifar presentò anche uno dei suoi balletti più importanti: Icaro. La storia, già narrata da Salvatore Viganò, l’inventore del “coreodramma”, più di un secolo prima e sempre sul palcoscenico del Piermarini, questa volta era solo un pretesto per dare al coreografo una dimostrazione del suo corretto e orgoglioso teorema: “le ballet ne doit pas être l’illustration d’une autre art, le ballet ne doit pas emprunter son schéma rythmique à la musique”. La danza era, infatti, offerta senza musica, esclusivamente su ritmi di percussione di George Szyfer. Lo stesso Lifar era Icaro, Max Bozzoni, Dedalo.

Neo-greco nell’allestimento originale di Paul Larthe, presentato nel 1935, anno del debutto parigino, ma probabilmente non alla Scala (la locandina non attribuisce scene, né costumi) e neoclassico nella coreografia, Icaro ha sicuramente contribuito a liberare il balletto dalla musica, o meglio a rimarcare, nella prima metà del XX secolo, il dominio del coreografo sui ritmi musicali.

Nel 1935, Lifar aveva inoltre creato per sé un ruolo da prodigioso attore-atleta, grazie all’esplosione del suo Icaro in una serie di mirabolanti salti in perfetta tecnica accademica. Non era facile rimpiazzarlo con un altro danzatore neppure nel 1951, quando ormai aveva quarantasei anni. (Ma.Gu.)