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L’amore delle tre melarance

Il 1936 vede un importante ritorno al Teatro alla Scala, quello di Michail Fokin, noto sin dal 1911 per le sue apparizioni scaligere in veste di coreografo.
Nella creazione, su musica di Giulio Cesare Sonzogno, L’amore delle tre melarance (niente a che vedere con l’omonima opera di Sergej Prokof’ev del 1921, almeno musicalmente), l’autore torna a far riecheggiare colori diaghleviani in una sontuosa favola con palazzi d’oro e giardini verde smeraldo dipinti da Nicola Benois sulle orme di suo padre Aleksandr, e su quelle di Bakst.

Anche nel trattare il soggetto di Carlo Gozzi, Sonzogno – giovane musicista allievo di Pick Mangiagalli e di Franco Vittadini, come loro amante della musica per il balletto – si dimostrò abile colorista e dispose in modo affatto moderno, marce grottesche e valzer deformati.
Questi accorgimenti, ben noti ai compositori che avevano agito nell’orbita dei Ballets Russes, facilitarono il compito di Fokin, che seguendo il libretto approntato da Renato Simoni, portò al successo i danzatori protagonisti nei sontuosi costumi creati dal celebre Caramba: tra questi Nives Poli, Regina Colombo e Lydia Bochsler (Le tre melarance) , Gennaro Corbo (Il principe), Tony Corcione (Il gran ciambellano) e Carletto Thieben (La strega). Sul podio Giuseppe Antonicelli, in alternanza a Norberto Mola nelle quindici repliche in quel solo anno in cui il balletto debuttò per poi sparire dal repertorio scaligero.

M.G.