Il palazzo di cristallo (Le palais de cristal)
“La Scala appare la sede naturale per incorniciare la limpida arte di George Balanchine, per esaltare i suoi nitidi capolavori che s’ispirano alle serene certezze della danza accademica così come sono state qui segnate dal genio chiarificatore di Carlo Blasis”. Così scrive il critico e storico Luigi Rossi nel suo “Il Ballo alla Scala 1778-1970”, ravvisando, negli anni Cinquanta e Sessanta l’epoca d’oro del filone balanchiniano alla Scala, inaugurato da Balletto Imperiale nel 1952.
Tre anni dopo, nel marzo 1955, un’altra importante creazione del coreografo russo-americano, Il palazzo di cristallo, avrebbe fatto il suo ingresso nel repertorio del Piermarini, che vi avrebbe esibito le sue stelle più fulgide, come Olga Amati, Gilda Majocchi, Vera Colombo, Giuliana Barabaschi, Ugo Dell’Ara, Giulio Perugini e Walter Venditti. Per la ripresa si dovette attendere il febbraio 1960, quando la coreografia, sulla Sinfonia in do di Georges Bizet, ricomparve con il suo originale titolo francese, Le palais de cristal. Vi danzavano Carla Fracci, Liliana Cosi, ancora Vera Colombo, Elettra Morini, Mario Pistoni, Roberto Fascilla, Bruno Telloli e Venditti e tra l’altro.
Alla Scala il coreografo russo-americano affidò il décor a Nicola Benois e scelse generici costumi accademici. Con il passare del tempo questo balletto, diviso in quattro movimenti, al solito privo di sviluppo narrativo , ma nutrito di magnifica danza pura, mutò ancora titolo: divenne Symphony in C, o Sinfonia in do. Non solo: perse ogni apporto scenografico e adottò i costumi di prova in bianco e nero dei più famosi balletti del New York City Ballet anni Cinquanta, che valsero al suo direttore, proprio per la subentrata avversione ad ogni apporto coloristico, l’appellativo di “coreografo del bianco e nero”.
Ma.Gu.