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La Baiadera (La Bayadère)

Il debutto di Rudolf Nureyev (vedi scheda) al Teatro alla Scala avvenne nell’ottobre 1965, quando il Royal Ballet fu ospite per la seconda volta. Nureyev ballò con Margot Fonteyn, con la quale dava vita alla più clamorosa coppia del balletto internazionale degli anni Sessanta. Tra i titoli in cartellone spiccava La Baiadera, una coreografia di Marius Petipa su musica di Ludwig Minkus rielaborata dallo stesso Nureyev, e costumi di Philip Prowse. La rielaborazione era stata radicale: circa due anni prima del debutto alla Scala, Nureyev aveva allestito a Londra il solo terzo atto del balletto, denominato Il Regno delle ombre. E lo aveva fatto di proposito, per offrire agli occidentali un folgorante esempio di sinfonismo danzante, anteriore – e di ben diciassette anni – agli atti bianchi del Lago dei cigni.

D’altra parte l’allestimento completo della Baiadera, che aveva debuttato nel 1877 al Teatro imperiale di San Pietroburgo, era ormai filologicamente impossibile negli anni Sessanta. Il quarto atto della coreografia, di contenuto religioso, era stato spazzato via dalla Rivoluzione d’ottobre e il balletto, recuperato dal 1919, continuava (e in realtà continua tuttora) ad andare in scena monco, fermandosi al Regno delle Ombre. Soltanto con le riprese più recenti, grazie per prima a Natalija Makarova in Occidente (nel 1980 con l’American Ballet Theatre), e a Sergej Vicharev (in Russia, a San Pietroburgo), è stata ricostruita la scena della punizione divina: i cattivi sono schiacciati e l’amore trionfa, di là dalla vita, nell’apoteosi.

Come ben spiega il critico e studioso russo Vadim Gaevskij nel volume Dom Petipa : “c’è un tessuto vivo, danzante della Bayadère che è rimasto intatto, una base metaforica elementare e forte che si esplica nei due colori che lo caratterizzano: il rosso e il bianco; il rosso delle fiamme, il bianco dei tutù”. Il Regno delle Ombre ha a che fare con il candore: è “il mistero bianco”, il mistero dei veli in un balletto sontuoso, calato in un’India di cartapesta, che narra dell’amore proibito di Nikija, danzatrice sacra del tempio e del guerriero Solor, promesso sposo di Gamzatti, la figlia del Rajah, ma anche della gelosia del grande Bramino, segretamente innamorato della baiadera, della sua vendetta che porta la fanciulla alla morte dopo un drammatico scontro con Gamzatti.

Al soddisfacente esito complessivo della messinscena del Royal Ballet, si unì, alla Scala, il plauso per i due protagonisti. “La Fonteyn (Nikija, n.d.r.) vecchia conoscenza ormai del pubblico milanese, è apparsa rinnovata a contatto del suo giovane e sensazionale partner”, scrive il critico e storico Luigi Rossi in “1778-1970 Il Ballo alla Scala”. “Nureyev (Solor, n.d.r.) dal canto suo, sarà presto adottato nella piccola costellazione divistica che ha caratterizzato gli interpreti di danza nel dopoguerra”. Profezia avveratasi alla potenza.
Quanto alla Baiadera, ricomparve come La bayadère/Le ombre per otto volte nella stagione 1985-86, in due serate intitolate “Incontro con la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala”, a cura di Anna Maria Prina. In seguito, la versione in quattro atti di Nataljia Makarova, entrò, nel 1992, nel repertorio del Balletto della Scala e da allora è sempre stata ripresa con étoile di spicco, ma resta un legame con la Scuola di Ballo che ha allestito il balletto nel 2012.

(Ma.Gu.)