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Laudes evangelii

Prima di approdare al Teatro alla Scala, il 5 giugno 1960, l’azione coreografica Laudes Evangelii di Léonide Massine (vedi scheda) aveva debuttato a Perugia, nella Chiesa di San Domenico, il 26 settembre 1952 e con interpreti di diversa provenienza. In realtà, le origini del balletto sono ancora più lontane: il 21 luglio 1938 il coreografo, già legato ai Ballets Russes, aveva presentato al Dury Lane Theatre di Londra una leggenda in sei quadri, “Nobilissima Visione”, su musica di Paul Hindemith. Certo il soggetto della pièce – in seguito più volte ripresa dai Ballets de Montecarlo di René Blum quando Massine ne divenne principale coreografo e consulente artistico – era diverso, poiché riguardava la vita di San Francesco D’Assisi. Eppure proprio Nobilissima visione fu il primo esito sulla via della “sacra rappresentazione” coreografica che avrebbe condotto al misticismo di Laudes Evangelii.

Dopo il debutto a Perugia, l’azione coreografica di Massine mantenne anche alla Scala le scene e i costumi di Ezio Rossi e la successione degli otto quadri di questo “mistero” tratto dall’Evangelico cristiano, commosso ma spettacolarmente vigoroso: l’Annunciazione, la Natività, la Strage degli Innocenti, la Fuga in Egitto, l’Orto di Getsemani, la Via Crucis, la Deposizione e la Resurrezione. I Laudari umbri e toscani del XIII secolo – testi rivisti a cura di Giorgio Signorini -, offrirono una base di lavoro a Valentino Bucchi.

Il compositore di Laudes Evangelii precisò nel programma di sala: “Per il testo musicale abbiamo seguito, tranne poche eccezioni, le antiche Laudi rimanendo fedeli, per quanto riguarda il linguaggio, all’originale melodico armonizzato secondo i canoni dell’ars antiqua; delineato quel linguaggio nei suoi attributi fondamentali, abbiamo viceversa usato della massima libertà nel montaggio dei singoli elementi, per lo strumentale e per il giro delle tonalità”.

Importanti soprattutto per comprendere l’impostazione coreografica, davvero inedita, di Massine, le riflessioni del curatore dei testi, Signorini, apparse anche nel programma di sala. “Le Laudes non sono esattamente una Sacra Rappresentazione, non sono un seguito di Laudi drammatiche, non imitano alcuna delle primitive forme spettacolari umbre o toscane del XIII secolo, ma pur non essendo imitazioni, per quanto concerne quella fedeltà a quella struttura drammatica, vogliono però mantenere una stretta corrispondenza con quel contesto narrativo: ove, veramente “narrazione” è cronaca e dramma, vena di poesia schietta, profondamente popolare. Con Laudes Evangelii si è inteso trasferire una narrazione ricostruita sui manoscritti in una forma spettacolare inedita; si è inteso dare una definizione attuale di quel linguaggio”.

In questa sua azione coreografica, che vide sul podio scaligero Bruno Bartoletti, ed ebbe come “interpreti vocali” Anita Cerquetti, Agostino Ferrin, Adriana Lazzarini e Carlo Meliciani, Massine portò infatti alle estreme conseguenze la riduzione della danza a puro gesto simbolico. Nell’esito finale apparve notevole l’organicità drammatica dell’insieme e la prospettiva teatrale del tutto nuova della ricostruzione: fedele ai singoli elementi testuali ma nient’affatto archeologica o polverosa.

Contribuirono al successo dell’originalissima pièce Roberto Fascilla (San Giuseppe), Tano Ferrante (San Giovanni), Elettra Morini (Veronica e Rachele) e, tra gli altri, gli ospiti Tatiana Massine (Maria) e Alberto Testa, il futuro critico di balletto, nel ruolo di Giuda.

Subito dopo la recita scaligera, il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala presentò Laudes Evangelii il 6 giugno 1960, a Reggio Emilia. L’azione coreografica fu poi ripresa il 5 giugno 1961 al Teatro alla Scala.

Ma. Gu.

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