Il revisore
Nella stagione 1959-1960 Tat’jana Pavlova ritorna sulla scena scaligera, o meglio alla Piccola Scala, con una nuova edizione del Revisore (28.3.1960), opera in cinque atti del compositore tedesco Werner Egk, diretta da Bruno Bartoletti. Il Revisore era stato presentato per la prima volta in Italia nel 1958 alla Fenice di Venezia. Gran parte della critica è convinta che la trasposizione dell’opera di Gogol’ in musica non sia pienamente riuscita e non renda lo spirito di comicità dell’originale, giudizio condiviso dal pubblico che ha applaudito lo spettacolo con “cordiale freddezza” (R. Malipiero, Corriere Lombardo 29/30. 3.1960). Un giudizio severo, che il critico estende anche alla regista, rimproverandole di aver “trasformato la commedia, la satira di costume in un balletto di invasati, di epilettici, di imbecilli cronici”. Di diversa opinione sono Alceo Toni (La Notte 29/30.3.1960) e Orio Vergani (Corriere della sera 29.3.1960), che della regia apprezzano l’uno “le intelligenti invenzioni e composizioni” e l’altro l’”estrosa, minuziosa, appassionata analisi degli effetti comici” e l’”attenzione al disegno dei caratteri provinciali dei personaggi del coro”, unico rammarico: le dimensioni ridotte della Piccola Scala che talvolta sembrano limitare il movimento e il rilievo scenico dello spettacolo.
Un’osservazione che ancor più ci fa capire la calorosa accoglienza riservata all’allestimento di Nicola Benois. Anche in questa occasione, da abile maestro della scena dipinta, dà un’ennesima prova della propria abilità nel trasformare uno spazio ridotto in una scena ampia e profonda, utilizzando soluzioni prospettiche prodigiose e soffitti trasparenti.
Efficaci sono le ricostruzioni pittoriche degli ambienti: i muri scrostati con le macchie di umidità della locanda, dove alloggia Chlestakov relegato in una stanzaccia sotto la scala che conduce in soffitta, aderiscono allo spirito del testo originale. Una serie di scale, controscale, loggiati, inseriti in ambienti in cui si affastellano mobili e oggetti in stile “vecchia Russia” richiama l’atmosfera provinciale in cui si svolge la commedia e trasmette il senso di agitazione che si propaga tra gli abitanti della cittadina alla notizia dell’arrivo di un revisore dalla capitale. Benois si muove a suo agio nella ridondanza degli interni ottocenteschi russi, che Alceo Toni apprezza incondizionatamente: “E che scene di fastoso barocco russo ha ideate e che fusione di colori ha ottenuto fra esse e gli sgargianti figurini”, mentre altri critici, meno attratti da una Russia di maniera, considerano la scenografia aneddotica e fin troppo cartolinesca (B. Dal Fabbro Il Giorno 29.3.1960; L. Pestalozza Avanti 29.3.1960).