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Raskolnikov

(Raskol’nikov)

Il 21 gennaio 1950 il pubblico scaligero assistite alla prima esecuzione per l’Italia dell’opera Raskolnikov in due atti e sei quadri del compositore svizzero Heirich Sutermeister, su libretto del fratello, Peter Sutermeister, tratto da Delitto e Castigo di Fedor Dostoevskij. Tutto il dramma è incentrato sulla figura di Raskol’nikov, a cui viene affiancato un doppio che ha il compito di rappresentare i conflitti di coscienza del protagonista. A promuoverne la presentazione alla Scala è il maestro Issay Dobrowen che ne cura anche la regia. I bozzetti e i figurini sono di Nicola Benois, che già ai suoi esordi scaligeri, nel 1926, si era cimentato come scenografo di Delitto e Castigo, il dramma lirico in tre atti di Arrigo Pedrollo. Il pubblico, “visibilmente commosso dalla freschezza e dal candore espressivo della musica” (Corriere della sera 22.1.1950), ha tributato una calorosa accoglienza all’opera Raskolnikov, gratificando gli interpreti con numerose chiamate e acclamando l’autore con particolare intensità. Di tutt’altro tenore l’opinione generale della critica, che giudica molto severamente la trasposizione del capolavoro dostoevskiano per il taglio schematico delle scene che, come si legge nella recensione dell’”Unità” (22.1.1950), ha privato i personaggi della loro complessità “portando il dramma dal piano morale a quello di fatto di cronaca nera. Ciò che resta è un effettone teatrale tra il letterario e il popolaresco”. Il critico dell’“Avanti!” (22.1.1950), R.Leydi, ritiene addirittura che sia “la più brutta opera rappresentata alla Scala dopo la guerra”, mentre la scenografia, fatta eccezione per il critico dell’“Unità” che la definisce “banale quanto basta”, pur salvando l’allestimento “accuratissimo”, viene indicata, insieme all’esecuzione dell’orchestra e l’interpretazione delle voci, come uno dei fattori degni di attenzione: “Gran parte dei passaggi noiosi sono stati salvati dall’abilità di Nicola Benois, che ha congegnato con cura enigmatica le scene: la gente ha così impiegato molto tempo a districare tetti e guglie dorate, doppie croci e salici piangenti per accorgersi che in scena non avveniva nulla di rimarchevole”.

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