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Teatro Manzoni

Il Teatro Manzoni sventrato dalle bombe del 1943 (www.flickr.com/photos/teatromanzoni /sets/72157625009754470/show/)

Fondato il 15 maggio 1850 in Piazza San Fedele con il nome Teatro della Commedia, nel 1873 viene ribattezzato Teatro Manzoni in onore dello scrittore scomparso in quello stesso anno. Anche il Teatro Manzoni, come altri teatri milanesi di prosa, diventa regno incontrastato di Tatiana Pavlova, che con la sua compagnia tra il 1926 e il 1931 porta in scena diverse opere russe e non, da Piccolo Harem di G. Costa, a L’incendio del teatro dell’opera di G. Kaiser, a Delitto e castigo di F. M. Dostoevskij, a La sete di Dio di R. Alessi. Grazie a Tatiana Pavlova il pubblico milanese può apprezzare non solo le opere di scrittori e drammaturghi russi altrimenti sconosciuti, ma anche il talento di registi, scenografi, costumisti russi coinvolti nei suoi spettacoli.  È il caso per esempio della commedia Psiche di Jurij Beljaev, tradotta da Rinaldo Kufferle e andata in scena al Manzoni il 22 novembre 1926,  dove l’interpretazione della Pavlova, la regia di Sergej Strenkovskij e le scene di Valentina Chodasevič riscuotono unanime consenso:

Ora qui lodiamo, finalmente, la magnifica apparecchiatura scenica di Sergio Strenkowsky, che ieri sera ci trovò tutti consenzienti e rapiti, i costumi altrettanto ricchi, meditati e ammirevoli, e un’interpretazione in cui tutti, più o meno, rifulsero. (m. r., “Psiche” di Beliaeff, “L’Ambrosiano”, 23 novembre 1926)

Le doti registiche di Sergej Strenkovskij risaltano anche nella messinscena di Delitto e Castigo di F. M. Dostoevskij, che lui e la Pavlova portano al Teatro Manzoni nel novembre dell’anno dopo: l’espediente usato per ovviare ai problemi posti della riduzione drammatica del romanzo  – un lettore nascosto nel buio che narra gli avvenimenti che intercorrono tra un quadro e l’altro – incontra l’approvazione di Renato Simoni, che loda la “forza considerevole di ansiosa e paurosa commozione” della rappresentazione (r. s., “Delitto e castigo” di Dostojevski al Manzoni, “Corriere della sera”, 1 dicembre 1927).

Nel  marzo 1929 il Teatro Manzoni ospita la compagnia dei coniugi Pitoeff, che portano in scena Il cadavere vivente di L. N. Tolstoj, Le tre sorelle di A. P. Čechov e Cesare e Cleopatra di B. Shaw, riscuotendo ampi elogi da parte della critica milanese:

“Le tre sorelle” han dato modo a Giorgio Pitoeff di mostrarci il suo talento sottile e squisito di inscenatore. Egli ha tratto dal testo, con sicura intelligenza critica tutto ciò che v’è di fluido, pittoresco e caricaturale, e lo ha animato con molta vivacità scenica dandoci così un affresco largo e minuto, folto di figure, di atteggiamenti e di prospettiva. […] Ma soprattutto la signora Pitoeff, nel personaggio di Irina, fu attrice grandissima e potentissima, dando a quella natura tra di fanciulla che tende a crearsi intorno una parvenza, una speranza di felicità, a sfuggire dal cerchio chiuso  di quell’umile e dolorosa esistenza quotidiana, sulle ali del sogno o di una dolce fantasticheria, e di una donna che vede, a poco a poco, frustrati tutti i suoi tentativi e ripiomba lentamente nel grigiore della vita, un risalto e un accento incomparabili. (A. F., “Le tre sorelle” di A. Cecof al Manzoni, “L’Ambrosiano”, 21 marzo 1929)

Ljudmila Pitoeff

Ljudmila Pitoeff

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