Una vita per lo zar (o Ivan Susanin)
Il 20 marzo 1959 va in scena per la prima volta al Teatro alla Scala Una vita per lo zar (o Ivan Susanin) di Michail Glinka, che aveva debuttato sui palcoscenici italiani il 20 maggio 1874 al Teatro Dal Verme di Milano. Opera d’esordio e autentico capolavoro del musicista russo – che, senza abusare delle fonti folcloristiche, qui seppe tradurre le melodie nazionali in una composizione di largo respiro – è diventata il modello di riferimento per eccellenza di numerosi capolavori successivi, tra i quali Boris Godunov e Il principe Igor.
In perfetta consonanza con l’opera anche il cast scaligero, che è tutto russo ed è affidato alla direzione di Efrem Kurtz, alla coreografia di Léonide Massine e alla regia di Tat’jana Pavlova, con scenografia di Nicola Benois, anche direttore dell’allestimento scenico. La traduzione ritmica del libretto è di A. Gortsciakov (A. Gorčakova) e C. Ferrari. Una vita per lo zar suscita grande interesse tra i critici. Il lavoro della Pavlova è in generale apprezzato dagli estimatori, senza suscitare entusiasmi, ma neppure giudizi troppo severi da chi di solito non ama il lavoro della regista. Nicola Benois opta per un impianto scenografico tradizionale, particolarmente apprezzato dalla critica, in particolare da Orio Vergani sul “Corriere della sera” (21.3.1959). L’idilliaca scena del primo atto con un villaggio di isbe in legno sulla riva di un fiume che si perde nell’infinito e il bosco con cui si apre il terzo atto evocano i temi della grande pittura russa di paesaggio dell’Ottocento, mentre la gioiosa scena finale della piazza del Cremlino richiama il decorativismo di Boris Kustodiev.
Il bozzetto del Salone, per il quadro primo del secondo atto, rispecchia l’abilità di Benois nel creare prospettive e profondità nella scena soltanto attraverso il tratto pittorico, abilità già espressa magistralmente nell’allestimento dell’Anna Bolena diretta da Luchino Visconti, rappresentata il 14 aprile 1957. Oltre ai fondali e alle quinte dipinte, per la ricostruzione delle scene sono stati utilizzati alcuni elementi architettonici, tecnica scenica considerata innovativa per l’epoca. I bozzetti e i costumi, caratterizzati dalla “fedeltà” (o pseudo-fedeltà) all’epoca storica trattata e vivacizzati da colori che richiamano cromatismi propri alla tradizione russa (l’oro e la gamma dei rossi), o polacca, come si nota nel frizzante figurino per la danza cracoviana di Una vita per lo zar, ricreano sulla scena l’illusione di verosimiglianza.