Bronislava Nijinska
Se il Teatro alla Scala non avesse accolto, nel 1929, la Compagnia di Ida Rubinstein, Milano e il suo pubblico non avrebbero mai scoperto Bronislava Fominična Nijinska, coreografa destinata a far parlare di sé, a formare coreografi che diventeranno a loro volta grandissimi, come Lifar e Ashton, e per motivi ben più solidi che per essere la sorella di quello che il mondo teatrale definì le dieu de la danse del primo Novecento, ossia Vaslav Nijinskij.
Per la verità, un assaggio della sapienza compositiva della Nijinska si era già avuto alla Scala due anni prima. Nel 1927 i Ballets Russes di Sergej Djagilev avevano infatti presentato Le Mariage d’Aurore di Marius Petipa, su musica di Čajkovskij, che recava anche un’aggiunta coreografica della giovane coreografa.
Ma fu nel 1929 che Ida Rubinstein venne alla Scala con la sua seconda compagnia, fondata nel 1928, per la quale aveva voluto come coreografa appunto Bronislava: con lei portò alla Scala La principessa Cigno, Le nozze di Amore e Psiche, Notturno, La Bien-Aimèe e – oltre al David di Fokin – tre titoli per i quali la storia della danza le sarà sempre universalmente grata: Bolero, Il bacio della fata, La Valse. Balletti dalle musiche meravigliose di Ravel e Stravinskij (Il bacio), ripresi ininterrottamente da allora, sino ad oggi, da coreografi diversi, mai scomparsi dal repertorio, anche se rappresentate in versioni di altri autori, ma di cui la Nijinska fu la prima a saggiare il terreno musicale.
Scheda biografica
Ultima dei tre figli della coppia di ballerini polacchi, Eleonora Bereda e Foma Nijinskij, Bronislava si era diplomata alla Scuola imperiale di Pietroburgo nel 1908, e un anno dopo era già nella compagnia di Djagilev, come l’amatissimo e sfortunato fratello Vaslav. Prediletta da Michail Fokin, che per lei creò i ruoli principali di Papillon in Carnaval e della danzatrice di strada in Petruška , Bronislava restò nelle file del Mariinskij sino al 1911, anno in cui scelse i Ballets Russes. Tre anni più tardi seguì a Londra il fratello Vaslav, che aveva lasciato la compagnia per sposarsi a Londra. La collaborazione con Djagilev riprese nel 1921: fu coi Ballets Russes che creò i suoi primi capolavori, come Les Noces su musica di Stravinskij (1923), Les Biches su musica di Poulenc (1924), Les fâcheux su musica di Auric e il divertito “ballet à la mode” Le train bleu su musica di Milhaud.
Così la coreografa e ballerina – e grande insegnate: tra i suoi allievi vi furono, in monenti diversi, Lifar e Ashton – si trasformò, insieme a George Balanchine, nel principale riferimento creativo dei Ballets Russes nella loro ultima fase di vita. E come Balanchine, padre del nuovo balletto classico del Novecento, si trasferì infine nel Nuovo Mondo.
A Los Angeles, nel 1938, aprì una scuola e continuò a creare per diverse compagnie, tra cui il Ballet Theatre (La fille mal gardèe, 1940; Harvest Time, 1945) e in Europa, i Ballets Russes de Monte-Carlo (La fanciulla di neve, 1942, Antica Russia, 1943) e il Ballet International (Brahms Variations e Quadri di un’esposizione, 1944). La ripresa, a sua cura, di Les Biches (1964) e Les Noces (1966) per il Royal Ballet, seguita, negli anni Settanta, dalle riprese degli stessi balletti in Italia, allestiti dalla figlia Irina, contribuirono a rafforzare anche negli storici la convinzione che sia stata una delle coreografe – e l’unica in ambito accademico – più influenti e innovative della prima metà del Novecento.