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Compagnia Igor Moisseiev

(Igor' Moiseev)

La Compagnia Nazionale di Danze Popolari dell’URSS di Igor Moisseev si esibì alla Scala per la prima volta il primo novembre 1962. Nata nel lontano 1937, aveva già collezionato un numero impressionante d’imitatori in patria – come il gruppo femminile “Beriozka”, che alla Scala si era esibito un anno prima. Tuttavia, fu solo dopo aver ricevuto il titolo di  “Ambasciatore dell’Unione Sovietica”, nel 1945, che il folto gruppo di Moisseiev conobbe grandissima fortuna anche all’estero. Al 1955 risalgono le tournée in Francia e Inghilterra, mentre il debutto alla Metropolitan Opera House di New York, nel 1958, coincise con la prima visita di una troupe di danza sovietica negli States. L’evento aiutò a creare un’epoca nuova negli scambi culturali, formalizzata proprio quell’anno da un accordo firmato dai due Stati. John Martin, allora critico del “New York Times” giudicò “stupenda” la performance, e Ed Sullivan le diede ampia visibilità televisiva in oltre un’ora di trasmissione. “Mosseiev è un astuto folklorista e un bravo artista”, diceva Martin nel suo articolo. “La sua compagnia, di cento elementi, è calda, vitale, vivace, irreprensibile tecnicamente ed energica oltre ogni attesa, e tutti gli interpreti sono di primissimo rango”.
Forte dell’eco positiva suscitata proprio negli Stati Uniti, anche alla Scala la Compagnia Nazionale di Danze Popolari dell’URSS ottenne un caldo successo. Il suo fondatore, Igor’ Aleksandrovič Moiseev , nato nel 1906 a Kiev e scomparso a Mosca  nel 2007, poco prima di compiere 102 anni , vi portò una raccolta di danze tra quelle all’epoca più famose del suo repertorio, come l’Antica danza dei guerrieri georgiani, Polianka (Il campo), Danza usbeca, Suite moldava “zhok”, Antica quadriglia di città oltre a I partigiani, Il football, Duello tra ragazzi e La primavera.
Molta ricchezza, estro e  fantasia nei costumi di questa miscellanea, frutto delle ricerche di Moisseev sul campo, quando –  ballerino al Teatro Bol’šoj di Mosca – dedicava il tempo libero ad esplorare a piedi o a cavallo le province russe, approfondendo le diverse forme di danza tradizionale.
In Grande Suite Russa la marsina maschile beige in tinta, col cappello russo, denotava una speciale ricercatezza; il costume femminile lungo faceva sfoggio di tutta la ricchezza dei ricami tradizionali, e una lunghissima treccia addolciva la bellezza femminile. Non meno eleganti nei calzari bianchi intrecciati, nelle gonne corte e ampie e nelle giubbe nere i danzatori della Danza della Bielorussia. Qui, quindici ballerine creavano linee che davano vita a una grande varietà di disegni spaziali. Prima giravano strette strette, in piccoli cerchi da tre, poi si disponevano in file compatte che ruotavano, poi s’inginocchiavano; univano le mani a formare archi sotto ai quali passavano altre danzatrici; si flettevano e ruotavano ancora, come a  formare un’immaginaria matassa che era presa per un lembo dell’abito e portata fuori scena da un’unica danzatrice.
Notata dal pubblico anche l’espressività di ogni parte del corpo, comprese le spalle che andavano su e giù anche quando le danzatrici erano ferme. Speciale attenzione pure per la Danza di Kazan, l’austera e sensuale danza in nero dei Tartari con i pantaloni a sbuffo e delle loro donne sottili dalle tuniche, nere anch’esse, indossate sopra agli stivali. Dopo aver conquistato lo spazio spoglio in tondo, la solista della Danza tartara si muoveva rapida in senso antiorario, e mostrava grazia e vigore nelle sue prodezze solitarie, chiamando infine a se due ballerini; con essi formava un terzetto, del quale lei diventava il perno; mentre i compagni si piegavano flessuosamente sulle ginocchia e saltavano, lei ruotava come una trottola.
Nell’insieme il debutto fu apprezzato come un bell’esempio di virtuosismo e precisione e come un ingegnoso distillato di danza classica e stili popolari di molti dei popoli dell’Unione Sovietica.
L’esibizione scaligera aprì le porte della città alla Compagnia Nazionale di Danze Popolari dell’Urss di Igor Moisseev, che tornò a Milano con regolarità sino alla fine degli anni Ottanta, ma in spazi diversi, dal Teatro Lirico al Palazzetto dello Sport.