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Eugenio Onieghin

( Evgenij Onegin)

Il 10 maggio 1954, a cinquant’anni di distanza dalla prima esecuzione alla Scala, diretta da Toscanini nel 1900, va in scena l’Evgenij Onegin diretto da Artur Rodzinsky, con la regia di Tat’jana Pavlova  e la scenografia di Aleksandr Benois, che con la rievocazione di panorami campestri e architetture del primo Ottocento, dà forma all’interpretazione musicale del capolavoro puškiniano ad opera di Čajkovskij, creando quadri di sottile romanticismo. Nicola Benois ha coordinato l’allestimento scenico, mentre Rinaldo Küfferle ha curato la traduzione del libretto. Nel mettere in scena questa nuova edizione dell’opera Tat’jana Pavlova ha giocato su diversi elementi: patetico, gaio, drammatico, per arricchire con minuzia di particolari ed effetti suggestivi le scene d’ambiente e i movimenti degli interpreti. Molto apprezzate le atmosfere sottilmente melanconiche che alcuni critici hanno definito di sapore cecoviano. Il pubblico scaligero accoglie l’opera con moderato entusiasmo, tuttavia riserva segni di consenso calorosi per la Tebaldi (Tat’jana), molto apprezzati anche Bastianini ( Evgenij) e Di Stefano (Lenskij), più volte applauditi al proscenio.  Le scene e i costumi disegnati da Aleksandr Benois riscuotono il plauso unanime della critica per il delicato verismo. Un addetto ai lavori, come lo scenografo Attilio Colonnello, li definisce un “documento di un’epoca e di uno stile” (Il Tempo di Milano 11.5.1954). Molto accurata è la ricostruzione degli interni in particolare del salone della casa aristocratica di San Pietroburgo, dove si svolge la scena del ballo del terzo atto, inquadrato con un taglio prospettico “veramente geniale” così da creare un’asimmetria con un secondo salone attiguo che s’intravede fra le colonne e lascia immaginare una lunga infilata di stanze. Nel secondo quadro del primo atto l’arredamento semplice dai toni azzurro-grigi e tenui della camera di Tat’jana interpreta l’atmosfera romantica in cui è immersa la protagonista. Il paesaggio innevato carico di mestizia che fa da sfondo al duello del secondo atto è un evidente richiamo alla pittura russa dell’Ottocento, fonte d’ispirazione anche per il costume della njanja, e in particolare per il copricapo che ricorda quello della Vecchia njanja con lo šlyček (1829) del dipinto di Aleksej Venecianov. Nel bozzetto del giardino, dove si svolge l’incontro tra Tat’jana e Onegin, si combinano piante e alberi di specie diverse, si intrecciano rami, brillano foglioline dai riflessi dorati creando un arazzo di preziosa fattura (V. Costantini, Corriere Lombardo 11/12.5. 1954). Le concessioni a un moderato decorativismo non fanno perdere di vista a Benois la corretta ambientazione dell’opera, affidata qui alla presenza del padiglione cinese che ricorda la moda delle cineserie diffusasi anche in Russia negli ultimi decenni del Settecento.

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