Fedra
“Una rilettura della tragedia greca in chiave moderna, con la vibratile interpretazione di Lycette Darsonval, affiancata da Liane Daydé, Nina Vyroubova e dallo stesso Lifar”, ha scritto il critico e storico Luigi Rossi. Questa la Fedra di Auric-Cocteau: l’8 giugno 1951 al centro della prima serata del Balletto dell’Opéra di Parigi. Il debutto assoluto di questa tragedia coreografica in un atto, su musica di Georges Auric, era avvenuto solo un anno prima, all’Opéra di Parigi: nel ruolo protagonista figurava la russa Tamara Toumanova. All’eclettico Jean Cocteau si doveva il libretto, tratto da Racine, in cui si narra la leggenda della moglie di Teseo, Fedra, innamoratasi del figliastro Ippolito; ma anche scenografia e costumi, purtroppo non più indicati nella locandina della Scala.
Una recensione sul “Corriere della sera”, all’indomani della prima milanese non si occupa dell’allestimento scenico; scrive di “atteggiamenti di una plasticità dolorosa, contorcimenti spasmodici, figurazioni di una certa arditezza, sia nelle parti dei singoli, sia in quelle del piccolo corpo di ballo impiegato, contrasti violenti ”. E di : “[…] opera ardita che reca inequivocabilmente l’impronta del genio esaltato del multiforme letterato e artista francese”. Aggiunge: “fra le tre è la personalità di Cocteau che s’impone; il musicista Auric e il coreografo Lifar agiscono da complementari nella determinazione di quel clima esacerbato che egli desidera”. Conclude: “ […]la trama che fa buon uso di costanti alternazioni di opposti momenti psicologici, è quanto mai complessa: tratta liberamente dei noti fatti di Fedra, di Ippolito, di Teseo, di Enone e di Aricia, dei loro sentimenti, dei loro tragici destini; e’tutta condensata nel breve tempo di un balletto della durata all’incirca di tre quarti d’ora…”. (Ma.Gu.)