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Boris Grigorieff

(Boris Dmitrievič Grigor’ev, Boris Grigoriev)

Boris Grigorieff, Autoritratto, 1916

Abbandonata la Russia nel 1919 e stabilitosi a Berlino, espone per la prima volta in Italia alla XII Biennale di Venezia del 1920 nella sezione Pitture e in quella del Bianco e Nero. Sono soprattutto i suoi trentacinque disegni a ottenere il plauso della critica. Su “Emporium” Francesco Sapori definisce quello del Grigorieff un “temperamento singolare e piacevolissimo”, particolarmente notevole nei nudi femminili (F. Sapori, La XII Mostra d’Arte a Venezia – Il Bianco e Nero, “Emporium”, vol. LII, n. 307-308, Luglio-Agosto 1920, pp. 181-182).

Dal 1921 è residente a Parigi. A Milano è presente nel 1923 alla Prima Esposizione Internazionale dell’Acquerello presso la Permanente, ma dei sei quadri esposti, tratti dall’album Visages de Russie (1921), solo uno viene venduto e anche il giudizio della critica è piuttosto tiepido. Dopo una felice stagione espositiva in Francia, Grigorieff torna a Milano nel gennaio del 1926 con una personale presso la Galleria Pesaro di Lino Pesaro

Aspetto in smoking, elegantissimo, le 9 di sera, per recarmi alla mia mostra che aprirà tra 20 minuti al Palazzo Poldi-Pezzoli. Solo una parete separa il vostro vecchio amico da Pollaiolo, Botticelli, Bellini, ecc. Questo a Milano, dove sono stato invitato. (Lettera di Grigorieff a Evgenij Zamjatin del 14 gennaio 1926. Cfr. V. N. Terechina, “Vse tot že, russkij i ničej…”. Pis’ma Borisa Grigor’eva k Evgeniju Zamjatinu, “Znamja”, 1998, n. 8)

Le oltre quaranta opere tra quadri a olio, acquarelli e disegni a matita tratti da Visages de Russie e dall’ultimo ciclo bretone dell’artista, Boui-Boui au bord de la mer, provocano reazioni contrastanti sulla stampa milanese: se l’anonimo recensore de “Le Arti Plastiche” esprime qualche riserva sull’eccessiva disinvoltura di Grigor’ev nel passare “dalle figurazioni di tipo tedesco-fiammingo quattrocentesco, alle improvvisazioni impressionistiche, […] a Parigi con tutti i suoi stili d’avanguardia” (Milano, in “Le Arti Plastiche”, 1 febbraio 1926, p. 2), Carlo Carrà individua il carattere precipuo dell’artista proprio nell’ardore immaginativo che lo porta a realizzare opere molto diverse tra loro (C. Carrà, Grigorieff – Balande – Carbonati, in “L’Ambrosiano”, 17 gennaio 1926, p. 3.). Ma ciò che viene maggiormente rilevato di Grigor’ev è il suo “spirito russo”, che si esplica per Carrà nell’inquietudine psicologica di cui i suoi quadri sono gravidi, per Vincenzo Bucci de “Il Corriere della Sera” in un non meglio definito “inalterabile marchio nazionale” impresso sulle sue opere (v. b., Artisti che espongono. Balande – Grigorieff – Carbonati, in “Corriere della Sera”, 15 gennaio 1926, p. 3), e per Dino Bonardi de “Il Secolo” nel bizantinismo che si riaffaccia nei volti-icone da lui ritratti:

E poiché il bizantinismo e la pittura modernissima hanno molti punti di contatto, sembra naturale che il Grigorieff trovi in questo tentativo di adattamento della sensibilità moderna a forme superate da secoli, il mezzo per esprimere la sua duplice anima di russo della vecchia Russia e di contemporaneo preso dal vortice di vita delle grandi capitali. Con uno spirito di osservazione acuto, con una sensibilità plastica non comune, egli riesce ad imprimere ai suoi soggetti deformati e scarniti dalla stilizzazione una vitalità suggestiva, qual è quella che ci domina nelle opere di certi primitivi (D. B., Note d’arte. Grigorieff, Balande, Carbonati, in “Il Secolo”, 15 gennaio 1926, p. 3).

Grigorieff trascorre la primavera del 1926 a Napoli e a Sorrento, dove compone il noto ritratto di Maksim Gor’kij, che esporrà, insieme ai quadri Facce russe e Madonna, quello stesso anno alla XV Biennale di Venezia.

http://www.russinitalia.it/dettaglio.php?id=800

 

Boris Grigorieff, Ritratto di Maksim Gor’kij, 1926

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