Filipp Hosiasson
Profondamente innamorato dell’Italia e in particolare di Roma, anche dall’estero Filipp Hosiasson tenterà per tutta la vita di mantenere un contatto con la cultura artistica italiana. La sua prima personale a Milano si tiene nel novembre del 1932 presso la Galleria Milano. L’esposizione ottiene il plauso di un critico severo come Carlo Carrà, che saluta nell’arte di Hosiasson il “ritorno al principio italiano”.
Il «Principio italiano» consiste nella ricerca di un superiore equilibrio tra mondo che appare e mondo secreto, in una affermazione spirituale tipicamente costruttiva che armonizza la realtà all’intelletto, senso e anima. Dunque, si tratta di ristabilire nel mondo moderno, non le forme esteriori ma l’antico ordine pittorico italiano, ritornare ai veri valori dell’arte plastica […]. Quello che rende ancor più interessante «l’italianismo» di Filippo Hosiasson, oltre al fatto già ricordato che egli viene da correnti ancora credute da parecchia gente estremiste, mentre non sono, il più delle volte, che segni di incapacità spirituale, è che egli manifesta delle doti di serietà pittorica a cui poco si è avvezzi e raramente ci accade di constatare nei giovani d’oggi […]. In generale, nei quadri esposti, quasi tutti saggi tratti dal suo recente soggiorno sul lago di Como, si notano pregi di non facile acquisto. I punti culminanti della Mostra restano però i «Pescatori», «Terrazza» e «Paesaggio con bagnanti», dove la naturalezza e il senso poetico del reale si sposano a un fare riposato e sereno, a un ordine costruttivo ben intuito in ogni suo elemento. In sostanza, non si tratta di una delle tante esperienze neoclassicistiche volute anziché dettate dal libero animo; non si tratta di fare tabula rasa su settant’anni di storia, ma di criterio selettivo che crediamo assolutamente indispensabile. Filippo Hosiasson è, insomma, un artista che si affatica sul serio per una sincera brama di bellezza. Questo resta per noi il segno più sicuro della sua futura evoluzione artistica.
(C. Carrà, Pittori stranieri a Milano: Filippo Hosiasson, in “L’Ambrosiano”, 9 novembre 1932, p. 3)
Nell’archivio Bardi, conservato presso l’Archivio Storico Civico di Milano, vi sono tracce della corrispondenza che Hosiasson intrattenne con il critico d’arte e gallerista tra il gennaio ed il marzo 1933. Le lettere a Bardi testimoniano che in quel periodo l’artista russo si trovava a Milano e che era in contatto con il noto gallerista per organizzare una visita a Roma del critico Waldemar George, il quale doveva esporre a Mussolini la sua teoria sull’arte “umanista” enunciata nel 1931 nel libro Profitti e perdite dell’arte contemporanea.
Hosiasson fa ritorno a Milano nel 1962, in occasione di una personale presso Toninelli Arte Moderna. In quegli anni ha inizio l’intenso rapporto umano e professionale di Hosiasson con la Galleria Lorenzelli di Bergamo, che ospiterà una mostra personale nell’aprile 1968 e una collettiva, intitolata Otto pittori russi, nel 1971. Tra le mostre postume dedicate a Hosiasson si ricorda l’esposizione di sessantacinque dipinti di Sergej Šaršun, Filipp Hosiasson, Pavel Mansurov e Sergej Poljakov alla mostra Quattro artisti russi a Parigi negli anni Sessanta, tenutasi dall’8 giugno al 22 luglio 2006 presso Lorenzelli Arte di Milano.
Scheda biografica
Nasce il 15 febbraio 1898 a Odessa. Cugino, per parte di madre, di Boris Pasternak, Hosiasson comincia a disegnare e a dipingere giovanissimo e ha una formazione prevalentemente autodidatta. Nel 1919 lascia Odessa e giunge a Roma, dove allaccia importanti rapporti con Anton Giulio Bragaglia, presso la cui Casa d’Arte espone nell’aprile del 1921. Nei primi mesi del 1922 i coniugi Hosiasson emigrano a Berlino, dove lui inizia a lavorare come scenografo per il Teatro Romantico Russo di Boris Romanoff. A Parigi dal 1924, Hosiasson si orienta verso un’arte di ispirazione classicista, aderendo al gruppo dei Neo-Umanisti del critico francese-polacco Waldemar George. Verso la fine degli anni Quaranta, provato da una lunga malattia e dalla drammatica esperienza della guerra, Hosiasson abbandonerà la pittura figurativa e virerà verso una pittura astratta, che lo avvicinerà agli esponenti dell’espressionismo astratto americano. Si spegne il 13 luglio 1978 a Parigi.
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