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La dama di picche

Il 28 gennaio 1961, dopo quasi sessant’anni di assenza, nonostante l’indiscutibile successo riscosso già nel 1906, va in scena alla Scala La Dama di Picche di Čajkovskij per la regia di Tat’jana Pavlova, che ottiene giudizi generalmente positivi, benché taluni critici rimproverino alla regista lo spostamento dell’azione dagli anni ’30 dell’Ottocento al periodo tra fine Settecento e inizio Ottocento e l’eccessivo lusso dell’allestimento per un’opera che richiede molti momenti di raccoglimento. Molto apprezzate la direzione di Nino Sanzogno  e le interpretazioni di Marianna Radev nel ruolo della Contessa e di Leyla Gencer nel ruolo di Liza.

Nicola Benois, raccogliendo l’eredità del padre Aleksandr, scomparso da un anno e che  proprio con questa opera nel 1921 aveva esordito come scenografo di produzioni liriche a Pietroburgo, firma scenografia, costumi  e allestimento scenico.

I bozzetti seguono l’evolversi degli stati d’animo dei protagonisti, destinati entrambi, a differenza dei personaggi del celebre racconto di Puškin, a una tragica fine. La passione amorosa, che in Ermanno s’intreccia con il desiderio irrefrenabile di trarre profitto dalla profezia della contessa, getta una luce cupa sulla vicenda, caricata dal librettista Modest Čajkovskij delle tinte fosche del melodramma. Il primo quadro raffigura una gradevole scena primaverile al Giardino d’estate di Pietroburgo, durante la quale Ermanno rivela agli amici di essere innamorato. Nicola Benois disegna gli interni dei palazzi in stile neoclassico e, fedele alla lezione paterna, li rende fastosi senza fare ricorso alle usuali sovrabbondanti decorazioni; riproduce un’architettura sobria e aristocratica, ingentilita da lievi drappeggi nella stanza di Lisa e illuminata dallo sfavillio dei lampadari nel salone dove si svolge la festa in maschera. I bozzetti del terzo atto, nel quale la drammatica vicenda giunge al culmine, infondono un senso di oppressione: le pareti scure di proporzioni gigantesche della stanza della caserma incombono su Ermanno come il peso del rimorso che prova nei confronti di Lisa,mentre nell’ultimo quadro le luci basse, filtrate sul tavolo da gioco da rettangoli ricavati nel soffitto trasparente, preannunciano l’estremo gesto del protagonista, beffato dalla sua ossessione. Il critico del “Corriere della sera”, Franco Abbiati, considera le scene e i costumi di Benois tra i “suoi più suggestivi sia nella ritrattazione realistica, sia nell’evocazione poetica di ambienti e figure. Impressionante la notturna inquadratura prospettica del ponte sulla Neva” (29.1.1961). Nel bozzetto, lo scorcio della Zimnjaja kanavka, diventata uno dei luoghi letterari più famosi di Pietroburgo proprio perché collegata al suicidio di Liza, è reso immediatamente riconoscibile da alcuni dettagli caratteristici come il ponte sopraelevato, immerso nell’oscurità appena rischiarata dalla luce fioca dei fanali, e la silhouette della Fortezza di Pietro e Paolo che si intravede in lontananza su uno sfondo più chiaro, quasi un barlume di speranza prima della catastrofe. L’opera riscuote un grande successo di pubblico che corona con calorosi applausi ogni quadro e atto. Più di venti chiamate sono riservate agli interpreti e agli artefici dello spettacolo.