La morte del cigno
Il celebre assolo La morte del cigno – che debuttò il 22 dicembre 1907 al Teatro Mariinskij, e nel quale si sono da allora misurate molte stelle del balletto – trovò in Tamara Toumanova un’interpreta di vibrante sensibilità interiore. Il 22 agosto 1951 la Toumanova lo interpretò al Festival musicale Lariano per conto del Teatro alla Scala e riuscì a esprimere in modo assai personale la bellezza di un crepuscolo combattuto sulla musica di Camille Saint-Saëns.
Nel suo tutù corto il “cigno”, tanto simile a quello di Odette/Odile nel Lago dei cigni, si dibatte prima di agonizzare a terra. La meravigliosa sequenza dei movimenti creati da Fokin coinvolge tutto il corpo, non solo le braccia, e questo corpo “dice” senza bisogno di parole della morte di un uccello solitario dal volto femminile. E decreta anche la fine di ogni possibile rinascita della creatura magica, emblema del balletto tardo-romantico.
Nello sviluppo della breve coreografia, che non prevede scene, Toumanova avanzava leggera sulle punte, le mani incrociate sul petto; poi scivolava quasi trascinata dall’ondulazione flessibile delle braccia. Quand’ecco che la sua agonia diveniva il coronamento di un destino: spogliando la morte di ogni bruttura, l’interprete donava un’immagine indimenticabile in cui tutto si riassumeva nella bellezza stessa del movimento.
La nascita del breve cammeo sulle punte si deve ad Anna Pavlova: nel 1905, appena diventata ballerina del Teatro Mariinskij, domandò a Fokin la confezione di un assolo che aveva promesso di presentare, in un gala privato, con gli artisti e il coro dell’Opera Imperiale Russa, nella Hall dell’Ambasciata dei Nobili di San Pietroburgo. All’epoca Fokin era un appassionato del mandolino e per diletto aveva cominciato a studiare Il cigno, la pièce n. 13 del ciclo Le Carneval des animaux di Camille Saint-Saëns con l’accompagnamento pianistico di un amico. Propose quella musica, dove il violoncello espone il tema in tempo di 6/4 in sol maggiore sugli arpeggi di due pianoforti, e la danzatrice accettò. In pochi minuti nacque un monumento alla danza. Pavlova lo avrebbe danzato per ventisei anni e sino al termine dei suoi giorni.
Tamara Toumanova interpretò ancora lo struggente pezzo per conto del Teatro alla Scala, all’Arena sociale di Como, nel 1952 e sempre vis à vis con la bacchetta di Geo Giussani. Poi il giovanile capolavoro di Fokin tornò alla Scala nel dicembre 1954, interprete Ludmila Tcherina, (nome d’arte di Monique Tchemerzina) star francese di origini circasse. Infine, ancora a due riprese, nel settembre 1975, con la diva russa Maja Plisetzkaja.
La morte del cigno proseguì il suo cammino scaligero in anni più recenti, ma sempre affidato a grandi étoile del balletto.
Ma. Gu.