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La Péri

Giunto al Teatro alla Scala in veste di ballerino nel 1927 con i Ballets Russes di Djagilev, Serge Lifar (vedi scheda) si era poi fatto conoscere anche come coreografo dal 1948, rimontando con Nicholas Zverev (o Zvereff in locandina)  Daphnis et Chloé nella classica versione di Fokin (vedi scheda).

Il 31 dicembre 1950 allestì, al Teatro alla Scala, per la compagnia di casa La Péri, un balletto in un atto di argomento esotico, sintetizzato in un libretto da Théophile Gautier, lo stesso poeta, critico, romanziere e autore di Giselle. Molto caro alla sensibilità romantica, popolata di “belle dame sans merci”, il tema orientale della Péri fu cantato da tanti artisti, oltre a Gautier, e sino al XX secolo. Il compositore Paul Dukas, a esempio, ne aveva tratto un balletto in un atto, su comando di Sergej Djagilev: l’impresario dei Ballets Russes avrebbe voluto inserirlo nella sua stagione parigina del 1911 con la coreografia di Michel Fokin e le scene e i costumi di Léon Bakst, ma le cose non filarono lisce. Nel ruolo protagonista, Dukas voleva assolutamente Natacha Trouhanova, una ballerina ancora legata ai Teatri Imperiali di San Pietroburgo, mentre Djagilev esigeva di offrirlo a una delle sue stelle. Alla fine vinse Dukas e nel 1912 la sua Péri, guidata dalla coreografia del moscovita Ivan Clustine, debuttò con la Trouhanova all’interno dei famosi “Concerts de danse” del Théâtre du Châtelet.

A Parigi il balletto di Dukas ebbe sempre successo: fu danzato da Anna Pavlova nel 1921, e dieci anni dopo da Olga Spessiva, in una coreografia di Léo Staats, sino a che nel 1948 non intervenne Serge Lifar. Prima mostrò la sua versione della Péri a Montecarlo, poi a Parigi, appunto nel 1948, e infine al Teatro alla Scala, ove il titolo era addirittura apparso prima che all’Opéra, nel 1842, ma fu un “orribile” tonfo sia per Filippo Taglioni, il coreografo, sia per Maria, la sua celeberrima figlia, ormai avviata sul viale del tramonto.

La nuova versione di La Pérì, firmata da Lifar anzi da Lifar/Dukas, con le scene e i costumi di Maillart e un cast solo italiano, ad eccezione di Vladimir Skouratoff (francese ma figlio di emigrati russi, nel ruolo di Iskander, l’innamorato senza speranza) lasciò qualche traccia. Il titolo, diretta dalla bacchetta di Nino Sanzogno, non frequentissimo, venne infatti ripreso nel 1972 con Carla Fracci, ballerina romantica per antonomasia, nella versione coreografica di Loris Gai e con la regia di Beppe Menegatti. (Ma.Gu.)

 

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