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La questione dei diritti

Per un editore che decideva di pubblicare un’opera russa quella dei diritti d’autore era una questione abbastanza intricata: dal 1917 sino alla firma della Convenzione di Berna nel 1973 da parte dell’URSS, prevaleva una decisa spregiudicatezza e in pratica ci si comportava come se non esistesse alcuna tutela. Formalmente, a partire dal 1930 esisteva un’agenzia statale centralizzata preposta alla regolamentazione dei diritti (VUOAP) ma, di fatto, fino al 1973 la censura e la politica isolazionista sovietica non consentivano agli autori di avere contatti diretti con l’estero.

Lettera autografa di Petr N. Krasnov all’editore Adriano Salani, in lingua francese, datata 2 aprile 1928 (pag. 2). (Archivio Storico della Casa Editrice Salani, Milano)

Lettera autografa di Petr N. Krasnov all’editore Adriano Salani, in lingua francese, datata 2 aprile 1928 (pag. 2). (Archivio Storico della Casa Editrice Salani, Milano)

Soltanto gli autori emigrati in occidente potevano trattare direttamente con l’editore per la traduzione e pubblicazione delle proprie opere, come dimostra il caso di Pëtr Krasnov (Krasnoff) (1869 -1947). Generale zarista e cosacco, negli anni dell’esilio Pëtr Krasnov acquista grande popolarità in tutta Europa per i suoi romanzi storici in cui descrive la caduta dell’impero russo. Nel 1928 l’editore Salani, esempio pressoché unico nell’Italia dell’epoca, acquista i diritti esclusivi, tramite una trattativa diretta con l’autore di cui si conserva la corrispondenza nell’Archivio storico dell’editore, e pubblica, in poco più di 10 anni, ben otto titoli, oltre a numerose ristampe, a partire dall’opera più famosa, Dall’aquila imperiale alla bandiera rossa, per proseguire con L’amazzone del deserto (1929), il libro per ragazzi Mantyk, cacciatore di leoni (1931), Comprendere è perdonare (1932),  Il “largo” di Haendel (1932),  L’odio (1934), Tutto passa…(1936), Unita e indivisibile (1936).

 

Ben diversa invece, per i motivi accennati sopra, la situazione degli autori che vivevano in URSS, di cui gli archivi della Fondazione Mondadori ci forniscono alcuni esempi.

 

Andrej Platonov

Nel 1969 Kotlovan di Andrej Platonov viene pubblicato dal Saggiatore, con il titolo di Il grande cantiere. Due anni più tardi, mentre molte opere dello scrittore sono ormai tradotte in italiano (per esempio, Ricerca di una terra felice è uscito da Einaudi nel 1968), viene proposto all’editore uno dei suoi romanzi più importanti, Čevengur, uscito in URSS nel 1929 e subito messo al bando. Alberto Mondadori, che nel 1958 ha lasciato l’azienda di famiglia e fondato una sua casa editrice, “Il saggiatore”, ha qualche dubbio sulla possibilità di pubblicare il volume, che è di difficile collocazione nel mercato. Scrive allora a Mario Formenton, in Mondadori:

«Caro Mario,

mi viene offerto il romanzo più importante di Platonov, Čevengur, che noi non intendiamo fare. (…) Se il libro ti interessa, dovresti farmi avere una risposta al più presto, perché per i libri russi, come ben sai, il successo deriva dalla rapidità con cui si può giungere alla pubblicazione, dato il rischio sempre presente che il testo possa essere in possesso di altri editori.» (Alberto Mondadori a Mario Formenton, 23 novembre 1971)

Mondadori pubblicherà il libro nel 1972 con il titolo di Il villaggio della nuova vita, ma ciò che è particolarmente interessante dello scambio epistolare è l’osservazione di Alberto per cui il successo di un libro russo deriva dalla velocità con cui un editore – italiano e occidentale – riesce a pubblicarlo: infatti, non essendo di fatto protette da una legge sul copyright, le opere degli autori sovietici sono ritenute “libere”, e il primo editore che riesce ad assicurarsi il testo, a tradurlo e a pubblicarlo può arrogarsi il diritto di rappresentare l’opera nel mondo occidentale.

 

Vasilij Grossman

Un caso molto simile riguarda Tutto scorre, l’ultima opera di Vasilij Grossman:

«Tenendo conto che è un’opera russa, sarebbe il caso di procedere molto rapidamente con la traduzione per evitare che qualcuno ne rimedi una copia da un’altra parte e ne faccia magari un’edizione pirata».

Donatella Ciapessoni, segreteria editoriale estero, 3 giugno 1971

Dopo una serie di pareri di lettura controversi, che inquadrano il libro come di difficile collocabilità, Mondadori decide di non pubblicare Tutto scorre, che vedrà la luce in lingua italiana solo nel 1987 per le edizioni Adelphi.

 

Nikolaj Amosov

Il nome di Nikolaj Amosov, uno dei più grandi e celebrati cardiochirurghi sovietici, non è molto noto ai lettori italiani: eppure, a partire dalla metà degli anni Sessanta, pubblicò una serie di opere che vendettero, nel mondo, diversi milioni di copie. La storia della pubblicazione in Italia del primo di questi libri, Mysli i serdce, uscito in Unione Sovietica nel 1964, è piuttosto interessante.

Nel settembre del 1966, una nota dell’ufficio stampa Mondadori giunge alla segreteria editoriale: vi si segnala come un libro scritto da un medico russo abbia venduto, nei «paesi orientali», la cifra sbalorditiva di un milione di copie. Il successo del volume – che è, appunto, Mysli i serdce – ha spinto degli editori americani e inglesi ad aggiudicarselo e a cominciarne la traduzione. Due mesi più tardi, Roberto Fertonani, ricevuta una versione in lingua inglese del volume, in una scheda di lettura giudica Mysli i serdce «un ottimo libro, da non perdere»: vi si raccontano, con una prosa diretta e accattivante, la vita, il lavoro e i pensieri di quello che è il più grande chirurgo sovietico vivente. Il 27 novembre 1966 una nota di Vittorio Sereni informa Alberto Mondadori che, non essendoci un’opzione sui diritti, il libro è all’asta. Sereni chiede a Mondadori se intende parteciparvi, e la risposta è «no». Poco dopo però Mondadori dà l’autorizzazione per un’offerta di 300 sterline, aumentabili a 400. Infatti, nel frattempo Fruttero e Lucentini si sono mostrati interessatissimi al libro di Amosov e si sono proposti per una traduzione d’autore.

A questo punto, non resta che trovare il testo originale: in Europa occidentale, infatti, pare circoli solo la versione in lingua inglese, The Open Heart, i cui diritti appartengono all’americana Simon and Schuster, la prima a effettuarne una traduzione. Si scoprirà poi che questa versione non è molto fedele all’originale, ma è piena di tagli e omissioni. Mondadori scrive a New York, a Londra e a Parigi – dove si sta avviando una traduzione in francese – e alla fine recupera il testo originale, che viene affidato, come previsto, a Fruttero e Lucentini: Il cuore aperto. Due giorni e due notti nella vita di un grande chirurgo sovietico uscirà nel 1967 nella collana Presadiretta.

 

Nadežda Mandel’štam

Nel giugno 1970, in seguito ai giudizi altamente favorevoli di Fausto Malcovati e Cesare G. De Michelis, la Segreteria editoriale estero comunica:

«Stiamo acquistando da Linder i diritti per le Memorie della vedova di Mandel’štam (…)»

per la quale si pensa a un’introduzione di Angelo Maria Ripellino. Mentre è in corso la traduzione di quello che diventerà L’epoca e i lupi, nell’ottobre dello stesso anno, alla Fiera di Francoforte, si scopre che anche Sansoni sta per pubblicare l’opera: non si capisce dove la casa editrice fiorentina abbia acquisito i diritti, regolarmente acquistati da Mondadori presso l’editore americano. Inizia un carteggio tra le due case editrici, che si risolve a favore di Mondadori: l’anno successivo, L’epoca e i lupi è in libreria.

 

Svetlana Allilueva

Twenty Letters to a Friend e Only a Year, i libri di memorie di Svetlana Allilueva, figlia primogenita di Iosif Stalin, sono stati pubblicati in lingua inglese: in Mondadori, nel 1967, si cerca di capire chi possa detenerne i diritti per pubblicarli in italiano. Si scopre che appartengono all’editore americano Harper & Row, che vorrebbe venderli “a scatola chiusa”, forte del clamore mondiale suscitato dalla loro pubblicazione in USA e Gran Bretagna. Twenty Letters viene subito acquistato e pubblicato nel corso dell’anno con il titolo di Venti lettere a un amico. Le memorie della figlia di Stalin.

 

Andrej Sacharov

Anche per Sacharov Speaks, una raccolta di scritti del dissidente sovietico e futuro premio Nobel per la pace Andrej Sacharov, bisogna intrecciare una trattativa con un editore occidentale: l’americana Knopf. L’idea mondadoriana è quella di pubblicarli a puntate su “Epoca” e di farne in seguito un volume: Parla Sacharov viene tradotto e pubblicato nel 1974.

 

Solo gli scrittori russi-sovietici molto famosi e non sgraditi al potere potevano intraprendere una trattativa privata: è il caso di Evgenij Evtušenko, che nel momento della sua massima fama, viene preso in esame per un’eventuale pubblicazione dei suoi versi. Marco Forti, responsabile della poesia per Mondadori, il 6 settembre del 1968 scrive di avere qualche dubbio sulla qualità della poesia, ma che si può fare un sondaggio per capire come gestire i diritti d’autore del poeta sovietico. Evtušenko tratta personalmente i propri diritti con le case editrici straniere, bisogna dunque scrivere direttamente a lui: viene quindi spedita a Mosca una lettera, firmata da Sereni, in cui si chiede a Evtušenko di avere le poesie direttamente dalle sue mani. La trattativa va in porto due anni dopo, nel 1971: si è deciso di pubblicare una raccolta di versi e ci si è accordati anche sul compenso. Approfittando di una vacanza fuori dall’Unione Sovietica, gli è stato consegnato l’anticipo. Le royalties verranno tenute in Italia: l’autore le potrà riscuotere a Milano quando verrà a presentare il libro, Le betulle nane, pubblicato nella collezione “Lo Specchio” (Mondadori,1974), a cura di Giovanni Buttafava, introduzione di Pier Paolo Pasolini.