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La sagra della primavera

Il debutto della Sagra della primavera, su libretto di Igor Stravinskij  e Nikolaj Rerich, musica di Stravinskij, scene e costumi di Rerich, avvenne il 29 maggio 1913 al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi e fu uno dei più clamorosi scandali nella storia del balletto del primo Novecento. Non appena il sipario si aprì, in sala scoppiò un tale tumulto che i danzatori della compagnia dei Ballets Russes non riuscirono più a sentire l’orchestra, che pure suonava freneticamente. I fischi e gli schiamazzi persistenti costrinsero Sergej Djagilev, l’impresario dei Ballets Russes, a levarsi in piedi e a implorare il pubblico che lasciasse proseguire lo spettacolo:  Stravinskij dovette letteralmente fuggire dal teatro per evitare il furore degli spettatori.
Rappresentata  otto volte in tutto, a Parigi e a Londra, con Maria Piltz nel ruolo protagonista dell’Eletta, la versione originale della
Sagra, che non rispettava più il linguaggio aereo del balletto classico,  era invece modellata su un altro codice di movimento: l’euritmica di Émile Jaques-Dalcroze, non giunse mai alla Scala.
Sul palcoscenico del Piermarini approdò invece la Sagra di Léonide Massine, ma solo nel 1948, quando  il balletto aveva già debuttato a Roma, al Teatro dell’Opera, nella versione di Aurelio Milloss (1941).
La Sagra di Massine – elaborata nel 1920 con il consenso di Igor Stravinskij, che aveva invece detestato il balletto di Nijinskij e ripresa nel 1930 all’Academy of Music di Philadelphia con una protagonista d’eccezione, Martha Graham, la pioniera della danza moderna – si avvalse di un solo disegno originale di Nikolaj Rerich (lo stesso scenografo e costumista di Nijinkij) e di altri suoi interventi scenografici e costumi. Il corpo di ballo della Scala ne fu interprete nel 1948, 1949 e nel 1953 (per due volte nel mese di settembre) sempre con Luciana Novaro nel ruolo dell’Eletta e ancora nel 1955, nel 1958 quando fu Gilda Majocchi a sostituire la Novaro e infine nel 1962 con Vera Colombo nel ruolo protagonista. Il balletto non si discostava molto da quello di Nijisnkij, ma era  meno selvaggio e rozzo, più formalizzato e costruito sia nell’Adorazione della terra, prima parte della danza, in cui si celebra l’arrivo della primavera, sia nelle danze rituali (Gli àuguri primaverili).
Anche alla Scala il Saggio, nella versione di Massine interpretato sempre da Ermanno Savaré, dava il segnale d’avvio a questi rituali. E in seguito tentava di placare la lotta giovanile tra tribù rivali (in realtà Il Gioco delle città rivali), prendendo anch’egli parte alla glorificazione della primavera. In Il Sacrificio (la seconda parte), Luciana Novaro si distinse per la forza  impressa al suo spasmodico danzare sino all’immolazione al dio pagano Jarilo (Glorificazione dell’Eletta). Anche qui, come nella versione di Nijinskij, la Vergine eletta soccombeva, sfinita, in un’apoteosi collettiva (Danza sacra). Altre Sagre della primavera sarebbero in seguito apparse al Teatro alla Scala, come quella di John Taras, interprete la grande russa poi americanizzata Natalja Makarova (1972) ma, dopo la versione di Massine, la Sagra che ebbe più successo e più recite fu quella di Maurice Béjart, entrata nel repertorio scaligero nel 1982.