Le donne di buon umore
Unico tra i balletti di Djagilev approdato nel 1920 al Teatro Lirico di Milano a essere presentato una sola sera (quella del 5 aprile), Le donne di buon umore (noto, nel mondo con il titolo francese Les Femmes de bonne humeur ), coreografia di Léonide Massine e musica di Domenico Scarlatti (orchestrata da Vincenzo Tommasini), nacque in Italia, a Roma, nel 1917, e debuttò al Teatro Costanzi il 12 aprile. Così ne scrive F.Rain sul Giornale d’Italia:
“Brusìo di curiosità e fors’anche di ironici commenti, a causa della oscura stravaganza dell’ambiente ideato dal famoso Bakst per una commedia settecentesca: ma ciò nulla tolse alla cordialità onde il gran pubblico, a poco, a poco dilettato a poi persuaso e poi entusiasmato dalla squisita vivacità dell’azione scenica zampillante, dalla ricca vena di musiche deliziose, volle accogliere, con frequenti applausi e alla fine con reiterate unanimi ovazioni, la geniale indovinatissima fatica del giovane musicista romano e dei suoi collaboratori, il Bakst e il Socrate per quanto riguarda i costumi – meravigliosissimi – e il Massine per la musica e le danze, sorprendenti di vivezza, di precisione, di umorismo. Questa anzi è appunto la nota saliente della novissima e vittoriosa opera: l’umorismo, che vi è profuso con grazia e con signorilità inesauribili e che costituisce, addirittura, una vera e gustosissima “interpretazione” del nostro settecento goldoniano.”
Tre anni dopo, a Milano, gli interpreti (non indicati in locandina) dovevano essere gli stessi delle recite romane del febbraio 1920 anche perché tutti elencati nel generale casting della locandina scaligera, con l’unico direttore d’orchestra: Henry Morin. Dunque: Lubov Tchernicheva (Costanza), Szigmund Nowak (il conte Rinaldo), Giuseppina Cecchetti (Silvestra), Enrico Cecchetti (il marchese Luca), Vera Nemchinova (Mariuccia), Sofia Antonova (Pasquina), Stanislas Idzikowsky (Battista), Lydia Sokolova (Felicita), lo stesso Massine (Leonardo), Felia Radina (Dorotea), Jean Jazvinskij (il capitano Faloppa) e Léon Woizikowskij (il cameriere Nicolò) si impegnarono con tutte le loro forze e il loro virtuosismo a ricreare lo spirito dell’omonima commedia di Carlo Goldoni, in una Venezia, ancora pensata da Léon Bakst, durante il Carnevale, come in Le Carneval a firma Fokin.
Qui però, la trama è assai più consistente, grazie all’ispirazione goldoniana. Aiutate dall’astuto fattore Nicolò, le donne di buon umore non pensano ad altro che a ordire intrighi e a coalizzarsi per prendere in giro, a turno, il bel Rinaldo, corteggiatore di Costanza, il vecchio Marchese de Luca e pure sua sorella, la Marchesa Silvestra. Tutto ciò con il ritmo sostenuto di una commedia danzata, ricca di equivici e dispetti, sostituzioni e delusioni, ma ogni inghippo si scioglie nel riso e lo spettacolo seduce per la sua disinvoltura e leggerezza. La musica di Scarlatti era stata scelta da Djagilev, dopo aver scartato centinaia di partiture, e assicurava consistenza della creazione.
Seguendo le note, Massine aveva creato una coreografia particolarmente dinamica: ovvero spirituale, mai volgare, capace di mescolare i processi della danza accademica ai movimenti della vita quotidiana, spesso deformati in forme grottesche. Assai apprezzata anche dal critico della Tribuna Alberto Gasco, in un articolo del 17 aprile 1920 (“I nuovi balli russi al Costanzi”)
Le donne di buon umore, proprio con il titolo del debutto dei Ballets Russes, era destinato a un ritorno scaligero, anche se non fedele all’originale: fu allestito, non da Massine, ma da Luciana Novaro nel febbraio 1961, con le scene e i costumi di Pier Luigi Pizzi e l’interpretazione di Carla Fracci, Elettra Morini, Carmen Puthod, Fiorella Cova, Roberto Fascilla e Mario Pistoni riscuotendo un plauso consistente, ma non più replicato.