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Lilja Slutskaja

(Lilja Sluckaja, Lia Slutzkaja)

Lilja Slutskaja all’inizio degli anni Venti

Legata all’ambiente del Monte Verità di Ascona, Lilja Slutskaja (1889-1940) esordisce nel mondo artistico italiano nel 1920, alla dodicesima Biennale di Venezia. Se buona parte della critica italiana mostra di disdegnare il Padiglione russo, accennandovi solo per definirlo un “gruppo raccogliticcio” o per beffeggiare la controversa mostra individuale dello scultore cubista Aleksandr Archipenko, riconosce invece a Lilja Slutskaja, che espone una serie di “Interni” e alcuni acquarelli di fiabe di Andersen, il merito di essere “una forte acquarellista, ironica e inquieta”, capace di afferrare bene gli aspetti grotteschi delle cose, e di riprodurli con abilità caricaturale (F. Sapori, La XII Mostra d’Arte a Venezia. La pittura straniera, in “Emporium”, LII, 307-308, Luglio-Agosto 1920, pp. 128-129). Nel marzo del 1923 troviamo la Slutskaja tra gli artisti russi presenti alla Prima Esposizione Internazionale dell’Acquerello presso la Permanente di Milano, dove ripropone le stesse opere presentate a Venezia più una Illustrazione per una novella russa che viene pubblicata nel catalogo dell’esposizione. Qualche mese dopo partecipa, insieme a Vsevolod Nicouline, all’allestimento della sala russa presso la Prima  Mostra Internazionale di Arti Decorative di Monza. Per la sala russa di Monza la Slutskaja crea alcuni oggetti in legno decorato, mentre Nicouline decora la sala stessa. Molti degli oggetti esposti nella sala russa parlavano di un’arte convenzionalmente popolare, legata alle tradizioni paesane di una terra lontana e sconosciuta, che nell’immaginario italiano si ammantava di un affascinante mistero:

«Se vi è al mondo un paese, più di tutti ignoto e inesplorato, più di tutti incompreso e incomprensibile, questo paese è indiscutibilmente la Russia, per i suoi vicini occidentali…» Dostojevskij con queste parole iniziava i suoi scritti critici. E che ne sappiamo noi, oggi, dopo cinquant’anni da allora? Ci siamo creata la visione di uno sconfinato paese in cui penetrare è difficile come in un sogno, in cui la vita è strana come in una leggenda. Il contadino docile, il cosacco intrepido, il signore sacro, la donna languida e bella: letteratura. Ma non abbiamo che pochi libri per conoscere e penetrare lo spirito della nazione ignorata. Pure, il nostro desiderio è sì grande che ci accostiamo sempre con ansia all’arte russa mostrata nelle esposizioni e nelle fiere delle nostre città. Sconfinato paese è la Russia ed oggi così dilaniato ed esangue. Come poteva essa degnamente partecipare alla mostra di Monza?

Nell’impossibilità di avere per questo anno una larga partecipazione russa, in una piccola sala a terreno stanno in bell’ordine scatole, giocattoli e ninnoli di legno scolpito, inciso e colorato. Scatole costruite da abili artefici e dipinte a figurazioni leggendarie, a tipici paesaggi realistici. Giocattoli scolpiti ingenuamente nel legno, semplici ed istintivi, come fatti da un padre per i suoi bambini. (p. v., La saletta russa, in “Le arti decorative. Rassegna internazionale ufficiale della Mostra d’arti decorative alla Villa Reale di Monza”, I, 3, 30 giugno 1923, pp. 32-33)

La saletta russa della Prima Mostra di Arti Decorative di Monza del 1923

La saletta russa della Prima Mostra di Arti Decorative di Monza del 1923

La Slutskaja torna a Monza nel 1925, in occasione della Seconda Mostra Internazionale di Arti Decorative, dove espone ancora oggetti lignei decorati. A questa seguiranno altre esposizioni nella città di Genova, dove l’artista si trasferisce all’inizio degli anni Trenta. La popolarità della Slutskaja in Italia è però legata non tanto all’attività espositiva, quanto a quella editoriale, come illustratrice di periodici quali “Il Giornalino della Domenica”; “La lettura”; “Il Corriere dei piccoli”, e di fiabe per bambini edite da Hoepli: M. Tibaldi Chiesa, Alla Rosa dei venti: Fiabe e leggende d’ogni paese. Milano, Hoepli, 1937; H. Andersen, Nuove novelle, tradotte da Maria Tibaldi Chiesa, Milano, Hoepli, 1938; C. Perrault, Il Gatto con gli stivali e altre fiabe incantate, raccontate da Maria Tibaldi Chiesa, Milano, Hoepli, 1940. Le illustrazioni della Slutskaja testimoniano l’influenza dell’avanguardia, realtà con cui l’artista era venuta a contatto negli anni dieci a Monaco di Baviera e poi ad Ascona: forme bislunghe e quasi stilizzate, geometrismi e sapienti giochi di linee, uniti a una esasperazione dell’elemento grottesco, visibile nei volti quasi mostruosi dai denti aguzzi e dalle labbra livide, rendono lo stile della Slutskaja originale e inconfondibile.

 

Scheda biografica

A. Jawlensky, Mystischer Kopf: Tessiner Kopf – Slutzkaya (1918)

A. Jawlensky, Mystischer Kopf: Tessiner Kopf – Slutzkaya (1918)

Originaria di Usun-Ada, una penisola sul lato orientale del Mar Caspio, Lilja Slutskaja si trasferisce nel 1910 con la famiglia a Monaco di Baviera, dove frequenta per quattro anni la scuola di arti e mestieri. Allo scoppio della guerra si rifugia a Zurigo: qui completa i suoi studi artistici, interessandosi sempre alle mostre d’arte, in particolare quelle del Kunsthaus. Finita la scuola si trasferisce a Losanna, dove lavora in un atelier artigianale russo, eseguendo intagli e dipinti su oggettistica in legno. Nel 1918 la Slutskaja raggiunge ad Ascona la sorella Xenja, sposata al pittore americano Gordon McCouch. Qui conosce Marianne Werefkin e Alexej Jawlensky, che nel 1918 la ritrae nell’opera Mystischer Kopf: Tessiner Kopf – Slutzkaya. Grazie alla mediazione di Jawlensky, la Slutskaja è tra gli artisti espositori del Padiglione Russo allestito a cura di Pierre Besrodny alla Biennale di Venezia del 1920. Dopo la partecipazione all’Esposizione Internazionale dell’Acquerello presso la Permanente di Milano e alle Mostre di Arti Decorative di Monza, nel 1933 si stabilisce a Genova: qui espone pitture, disegni e acquarelli a una Mostra della Lega Navale e a un’Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti, con tre opere dal titolo “Milizia portuale”, “Il porto di Genova” e “Ricordo di Samarcanda”. Nel 1938 è presente alla Società di Belle Arti di Genova con “Piroscafi in disarmo” e alcune illustrazioni di fiabe.

Nel 1938 si trasferisce a Milano, dove l’anno prima ha avuto inizio una collaborazione con l’editore Hoepli per le illustrazioni di alcune raccolte di fiabe per bambini, e dove continua l’attività di illustratrice per il “Corriere dei Piccoli”. Muore nel giugno del 1940 in un ospedale milanese e viene sepolta secondo il rito russo-ortodosso, accompagnato dal canto liturgico eseguito da due nipoti della pittrice Marianne Werefin.

http://www.russinitalia.it/dettaglio.php?id=192

 

 

Raccolte

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