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Lo schiaccianoci

Più sfortunato degli altri balletti tardo-romantici (Il lago dei cigni, La Bella addormentata) del grande trittico di Pëtr Il’ič Čajkovskij, Lo schiaccianoci dovette attendere il 1938 prima di essere rappresentato al Teatro alla Scala, per di più in un’edizione ridotta. Lo allestì la coreografa russa Margherita Froman (1890-1970), già nobile ballerina del Teatro Bol’šoj di Mosca, dei Ballets Russes di Sergej Djagilev e ancora al Bol’šoj prima di recarsi nell’ex-Jugoslavia, dove fondò diverse scuole di balletto per poi stabilirsi definitivamente negli Stati Uniti. Con il sottotitolo francese di Casse-noisette, l’allestimento della Froman coinvolse nei ruoli  protagonisti i primi ballerini e solisti del Corpo di Ballo della Scala, tra cui Olga Amati (Frizt e Schiaccianoci nel I quadro), Nives Poli (Clara ma anche Tè-Danza cinese), Elide Bonagiunta (Cioccolato-Danza spagnola), Dino Cavallo (Trepak) e Ermanno Savaré (Padrino Drosselmeyer). Nel programma di sala compare solo la firma dello scenografo, Aleksandr Benois, ma non quella del costumista: forse se ne può attribuire la paternità a Nicola Benois, figlio di Aleksandr e allora direttore degli allestimenti scenici della Scala.

In seguito, il celebre balletto natalizio – che aveva visto la luce, il 18 dicembre 1892, al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, grazie all’impegno di Marius Petipa e soprattutto del suo assistente, Lev Ivanov – fu integralmente rappresentato sul palcoscenico del Piermarini, sotto la direzione musicale di Luciano Rosada,  il 31 dicembre 1956 e con la coreografia del sudamericano Alfred Rodrigues. La gioiosa messinscena in due atti e tre scene che narra del viaggio onirico della bambina Clara verso il Konfitürenburg, o Regno dei dolciumi, in compagnia dello Schiaccianoci di cui il magico Drosselmeyer le aveva fatto dono, suscitò accoglienze festose.

Ancor prima di quell’atteso e fortunato debutto integrale del 1956, ecco, però, nel 1952, all’Arena Sociale di Como, nell’ambito del Festival musicale Lariano, un Passo a due (appunto da Lo schiaccianoci) di cui furono interpreti Tamara Toumanova e Ugo Dell’Ara. Nella locandina scaligera la coreografia recava la firma di Lev Ivanov.

Nel 1938 la coreografa russa si era infatti limitata a mettere in scena alcuni quadri del primo atto: in quell’allestimento parziale dello Schiaccianoci, non vi era traccia del Passo a due, o grand pas de deux, che ancora oggi può essere rappresentato a sé ed estrapolato dal balletto intero. Tuttavia proprio quel Passo a due (della fine del secondo atto) è uno dei pochi frammenti originali pervenutici dal 1892, dunque ecco la firma Lev Ivanov (scomparso nel 1901) per un cammeo probabilmente rimontato da Aurelio Milloss, allora direttore del ballo, o dallo stesso Dell’Ara.

In questo Passo a due, vero centro magico e poetico del balletto, spiccano gli equilibri iniziali dei due partner in arabesque e il rigoroso gioco delle loro linee separate. È un incontro d’amore per i più piccini: i lift e le prese aeree terminano con pose spettacolari come il poisson oppure con il partner maschile in arabesque che sorregge la ballerina su di una spalla e un braccio soli, come fosse una farfalla che si è posata su di lui.
Toumanova e Dell’Ara conquistarono il pubblico dell’Arena Sociale di Como, complice il direttore d’orchestra Geo Giussani che diresse l’effervescente musica di Čajkovskij con autentico brio.
In epoca recente il Passo a due dallo Schiaccianoci tornò in scena con nuovi interpreti in serate di gala, ma molto più frequentato fu il balletto integrale, in specie nella brillante versione di Rudolf Nureyev che fece il suo ingresso alla Scala nel 1969, preceduto, nel 1968, da due riprese del Passo a due anch’esso, però, nella versione di Nureyev.

 

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