Mario e il mago
Singolare novità nella stagione scaligera 1955-1956 fu il balletto Mario e il Mago di Léonide Massine che debuttò il 25 febbraio e rimase in scena per sole sette repliche senza successive riprese. L’artista russo, già legato ai Ballets Russes di Djagilev e che aveva dato inizio alla sua attività creativa alla Scala nel 1932, con l’allestimento di Belkis su musica di Guastalla-Respighi, ora concepì l’unica azione coreutica ispirata a una sceneggiatura di Luchino Visconti, tratta da Thomas Mann (Mario und Der Zauberer).
La vicenda narra di Mario, cameriere nel bar di una città balneare, innamorato di Silvestra, la provocante compagna del gelataio Renato. Dopo alcuni infelici tentativi di avvicinarsi alla donna, il cameriere è licenziato dal prepotente padrone del locale. La quiete della spiaggia dove Mario siede solo e sconsolato è turbata dai preparativi per lo spettacolo di un certo mago Cipolla. Alla sera Mario si reca nella piazzetta, ove Cipolla, su un palco improvvisato, intrattiene un folto pubblico con esperimenti d’ipnotismo su persone scelte a caso. Anche Mario è chiamato sul palco per una di queste prove e durante il suo sonno ipnotico crede di vivere i sogni del suo desiderio: Silvestra corrisponde ai suoi sentimenti e il suo viso ridente appare da ogni finestrino di un treno che passa, mentre il padrone del bar pone Mario su un trono e finisce per lustrargli le scarpe. Silvestra gli si avvicina e lo bacia. Mario si risveglia trovandosi abbracciato al mago, tra l’ilarità generale. Umiliato, turbato, ma anche fuori di sé, l’ex-cameriere uccide il mago con una pistola. Due guardie lo conducono via.
Unico contributo di Visconti al teatro coreografico, Mario e il Mago rivela l’intima adesione e l’interesse del regista per l’opera di Mann. Se pure l’elemento danzante era opera di un coreografo illustre quale Léonide Massine, che conferì alle azioni e ai personaggi splendide caratterizzazioni plastiche, autore di Mario e il Mago fu, in effetti, proprio Visconti. Ispiratore e ordinatore dello spettacolo in due atti, Visconti volle un linguaggio composito, fatto di mimo, danza, recitazione e canto; egli aveva aggiustato nel suo libretto il racconto di Mann, spostando l’accento sul personaggio di Mario, eroe tipico di una crisi esistenziale molto percepita nei primi anni Cinquanta. Offrì così al francese Jean Babilée, danzatore di temperamento, l’occasione per interpretare un ruolo giudicato dalla critica “memorabile” per la penetrazione psicologica, l’incisiva espressività mimica e il vigoroso nitore nell’esecuzione della danza, ma anche molto applaudito dal pubblico.
Grande fu il plauso pure per Luciana Novaro (Silvestra), Ugo Dell’Ara (Renato), l’attore Salvo Randone, nel ruolo del mago Cipolla e, nel cambio di cast, per Carla Fracci e Mario Pistoni, sostituti dei due protagonisti, Silvestra e Mario.
Contribuirono notevolmente alla riuscita del balletto le scene raffinate, affidate come i costumi, a Lila de’Nobili e la suadente musica di Franco Mannino, una commissione del Teatro, con da Luciano Rosada sul podio.
Ma. Gu.