Papillons
Anche Papillons, come Carnaval, debuttò in Russia prima di conquistare le scene dell’Europa occidentale: anche se parlire di “conquista” è forse eccessivo per il languido balletto di Michel Fokin, nato nel marzo 1912 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo con le scene di Petr Lambin e costumi di Léon Bakst.
Le “farfalle” (Papillons ) fokiniane su musica di Robert Schumann, arrangiata e orchestrata da Nikolaj Tcherepnin, furono presentate dai Ballets Russes nel 1914 a Monte Carlo, ma non toccarono mai sino in fondo il cuore e la sensibilità del pubblico e della critica. Il “Times” di Londra, all’indomani delle recite del 1914 al Drury Lane, riconobbe a Papillons un certo charme :“sulla linea di Carnaval e nello stile Biedermeier”[…] ma il balletto si appoggia alla squisita musica di Robert Schumann e agli effetti visivi per riempire un vuoto d’immaginazione”. La prima milanese avvenne al Teatro Lirico, che vide in scena Papillons il 29 marzo (assieme a Petruška e Contes Russes) e il 31 marzo (assieme a La bottega fantastica/La boutique fantasque e a Cleopatra/Cléopâtre).
Concepito come un seguito di Carnaval, il balletto si svolgeva ancora durante quella festa, ma di notte, e in un anno preciso, il 1830. Nella coreografia, presto scomparsa da tutti i repertori, un melanconico Pierrot vaga in un parco quand’ecco apparire un gruppo di ragazze, con piccole ali dietro alle spalle, e danza attorno alla maschera. Credendole farfalle, Pierrot cerca di attirarle a sé con la fiamma di una candela; riesce a catturarne una, ma nell’impresa è così goffo che le sue ali si spezzano e lei cade a terra morta. Al ritorno delle compagne, Pierrot invoca il loro aiuto: tutte s’impegnano a riattaccare le ali alla malcapitata che, infatti, torna in vita. Pierrot è felice e tutti danzano gioiosamente. All’improvviso scocca l’ora della fine del Carnevale. Le ragazze, inclusa la resuscitata, fuggono via, per ritornare accompagnate dai loro partner. L’ultima ad andarsene è una giovane in maschera scortata da un gentleman. Pierrot la guarda e mentre lei gli passa accanto, alza la maschera e gli sorride. Pierrot capisce di essere stato ingannato e la fissa, sopraffatto dall’amarezza. In fine si gira e cade a terra, colpito da autentico dolore.
Il Corriere della sera del 30 marzo 1920, in un pezzo intitolato “Racconti russi, Papillons, Principe Igor. Due nuovi balli russi al Lirico”, scriveva:
“Inserendo nei loro programmi un nuovo ballet per sera, gli spettacoli coreografici russi intensificano il successo artistico.(…). Ieri sera, in luogo del colore e dell’impeto delle danze di Igor, proposte dalla dolente canzone modulata con squisitezza dalla Rosowska, i ritmi di Papillons di Schumann, orchestrati da Rimsky Korsakow, coreografia di Fokine, sollevarono voli di trine gialle e palpiti di alucce bianche ad acuire il desiderio di un Pierrot innamorato, nell’azzurro lunare di un ultima notte di carnevale. Visione come la musica orchestrata di Tcherepine di un aristocratico ottocento, e lievissimi atteggiamenti specie della Tchernicheva.
Ad ogni quadro si ebbero applausi insistenti a danzatrici e danzatori, vertiginosi ma precisi, mirabili singolarmente e nell’insieme, armonici nelle pose estatiche e scrupolosi nei tempi anche durante il più sfrenato movimento. Applausi toccarono pure all’orchestra con la quale il Morin raggiunse sempre maggiore sicurezza.”
(Ma. Gu. + L.G.)