Petruška
(Petroushka)
Il balletto Petruška, ovvero “scene burlesche in quattro quadri di Igor Stravinskij e Aleksandr Benois”, debuttò il 13 giugno 1911 al Théâtre du Châtelet, con Vaslav Nijinskij (Petruška), Tamara Karsavina (la Ballerina), Aleksandr Orlov (il Moro) ed Enrico Cecchetti (il Ciarlatano). Il cast dei Ballets Russes era completato da Bronislava Nijinska e Ljudmila Schollar (le danzatrici zigane), anch’esse perfettamente utilizzate dal coreografo Michail Fokin. Petruška, tuttavia, è frutto di un lavoro d’équipe, al punto che non si può dire con certezza chi ne fu il vero ispiratore. Stravinskij, che aveva composto una partitura burlesca, il cui tema era la sfida all’orchestra di un automa, poi sopraffatto dall’assalto cacofonico dei musicisti, si arrogò l’invenzione del titolo e dell’argomento, anche se aveva steso il libretto a quattro mani con il pittore Aleksandr Benois, autore dei preziosi costumi russi e della variopinta scenografia da fiera ambulante.
Il 27 marzo 1920 Petruška approdò al Teatro Lirico di Milano con interpreti eccellenti come Léonide Massine, Lydia Sokolova, Nicholas Zverev. Il critico del “Corriere della sera” (28.3.1920) definì “superbo” il successo della serata, iniziata con Carnaval e conclusa dalle Danze dal Principe Igor. Unico neo il teatro mezzo vuoto, probabilmente a causa dei prezzi troppo alti, situazione cui si pose rimedio nei giorni successivi, favorendo una presenza di pubblico sempre più ampia, fino ad arrivare al tutto esaurito dell’ultima sera, il 6 aprile 1920, quando furono rappresentate le Donne di buon umore e replicati Petruška e Thamar.
Petruška colpì per la meraviglia di toni e di colori, per la leggerezza aerea delle danze dei ballerini e delle ballerine “composta in una squisita armonia di grazia”, e per la musica “violentemente paradossa e pazzesca e irresistibile di Igor Strawinsky” che imprime “fremiti e guizzi” alla visione (Corriere della sera 28.3.1920). Nella recensione pubblicata su “Il popolo d’Italia” (28.3.1920) si rileva che tutti gli interpreti della Compagnia dei balli russi: ballerini, danzatrici, mimi, comparse, “hanno di singolare che ogni loro movenza è un atto di stile, il gesto di un ritmo vivente che pare la musica, resa per magia visibile ai nostri occhi” e che anche quando nei finali dei balletti come Petrouchka o le Danze del Principe Igor “quella specie di frenesia si accentua sino a diventare dionisiaca ed orgiastica… tuttavia essa rimane, non chiusa, ma involta tutta entro una sua linea di composta bellezza”.
Alla Scala fu il russo Boris Romanoff a firmare, nel maggio 1926, la prima edizione italiana di Petruška con il pietroburghese Anatol Obouchoff nel ruolo eponimo e lo stesso Stravinskij sul podio. Il titolo ricomparve l’anno successivo con la coreografia di Giovanni Pratesi, mentre il 31 dicembre 1952 Aurelio Milloss propose una sua memorabile nuova versione coreografica, sempre con le scene e i costumi di Aleksandr Benois, ripresa nel 1954. Nella recensione comparsa sulla “Fiera letteraria” (25.1.1953, p.7), Olga Signorelli sottolineò che grazie a Milloss Petruška aveva “guadagnato molto in vigore dinamico e qualità costruttive”. Infatti il coreografo era riuscito a “chiudere in un ordine coreografico severamente elaborato tutte le scene della folla del primo e del quarto quadro, sicché questi numeri di danza non si svolgono più sotto forma di arbitrarie comparserie, ma raggiungono un organico rapporto coreografico con l’ambiente-spettacolo”. Nel giugno 1958 ricomparve al Teatro alla Scala l’originale di Michel Fokin, ripreso da Serge Grigoriev e dalla moglie Ljubov Tchernicheva, ma scomparve presto per ritornare sul palcoscenico del Piermarini solo negli anni Settanta; e a partire dagli anni Ottanta vene riproposto nelle versioni di Nicholas Beriozoff e di Evgenij Poljakov (30 aprile 1996).