Thamar
Thamar di Michail Fokin, balletto in un’unica scena su musica di Mili Balakirev, deve il suo titolo alla protagonista di un poema di Mikhail Lermontov, ridotto a libretto dallo scenografo e costumista Léon Bakst.
Giunto nel 1920 al Teatro Lirico di Milano e presentato dai Ballets Russes di Sergej Djagilev solo due volte, il 2 e 5 aprile, Thamar fu qui un’autentica “prima assoluta” per l’Italia.
Dopo il debutto, il 20 maggio 1912 al Théâtre du Châtelet di Parigi, non era stato ancora presentato in Italia, neppure a Roma, dove nel 1920 i Ballets Russes si esibirono per dodici recite, poco meno di una settimana prima che nel capoluogo lombardo, e con un programma quasi simile. Accostando Thamar – anzi Tamara, come fu ribattezzato per il pubblico milanese, prima a La bottega fantastica (La Boutique fantasque) e a Carnaval e poi a Petruška e alle Donne di buon umore (Les Femmes de bonne humeur), Djagilev cercava di offrire programmi che riassumessero i temi e le atmosfere esteticamente esaltate dalla sua compagnia nell’arco dei suoi undici anni di vita.
Nei due trittici del 2 e 5 aprile 1920 Thamar rappresentava un tuffo nell’esotismo seducente e malizioso del primo Fokin, qui ammantato di un certo gusto macabro. Il 3 aprile, sul Popolo d’Italia, in un pezzo intitolato “Thamar, Bottega fantastica I balli russi al Lirico”, si poteva leggere:
“La compagnia dei balli russi, diretta da Sergio Diaghileff ,continua a svolgere sempre, con crescente successo il programma annunciato, introducendo ogni sera un ballo nuovo, ed alternando gli altri già eseguiti. Il programma di ieri sera comprendeva il dramma Thamar, in un atto di Leon Bakst, musica di Balakirev. Il soggetto non ha destato troppa ammirazione per la somiglianza che ha con la Cleopatra, che già vedemmo alla Scala o l’altra sera al Lirico stesso. Straordinaria la scena ed i costumi. È inutile dire che tutto il dramma, così gli altri quadri del programma, furono eseguiti con precisione, agilità inverosimile e con atteggiamenti straordinariamente espressivi. Nella musica del dramma Thamar, di Balakirew, non trovammo nulla di nuovo, neppur gli smaglianti e artificiosi colori orchestrali della moderna scuola russa. Se la musica, in qualche punto, risultò abbastanza suggestiva, fu per la grande abilità degli esecutori della scena (…). Anche ieri sera la Compagnia di Serge Diaghileff ottenne un grandioso successo di applausi e di pubblico.”
Thamar sparì dai repertori di balletto dopo la morte dei Ballets Russes, nel 1929; ne restano i bozzetti dei magnifici costumi caucasici, un poema sinfonico nel caratteristico stile orientale di Balakirev e l’acuta riflessione della storica Lynn Garafola che osserva che in Thamar come in Shéhérazade l’asserzione della libertà attraverso il sesso proibito – perseguita in quegli anni da Fokin nei suoi balletti -, finisce in morte.