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Il lago dei cigni

Una sintesi del Lago dei cigni di Petipa, con le scene di Korovine, giunse al Teatro alla Scala nel 1927, grazie ai Ballets Russes di Sergej Djagilev; Serge Lifar e Olga Spessiva danzarono i ruoli del Princie e di Odette/Odile.

L’intero balletto, secondo i dettami di Marius Petipa e Lev Ivanov, fu invece allestito da Margherita Wallmann il 31 dicembre 1949, con le scene di Aleksandr Benois, sul podio Issay Dobrowen, ma l’evento – che coinvolgeva i francesi Yvette Chauviré (Odette/Odile) e Vladimir Skouratov (il Principe) – deluse le aspettative, mentre il solo secondo atto del balletto, nell’agosto 1951, con Tamara Toumanova (definita anziché Odette/Odile, Regina dei cigni) ottenne maggior successo.  Sempre il 31 dicembre, ma del 1952, andò in scena ancora una volta il solo secondo atto: nessuna indicazione sulla realizzazione coreografica dell’originale di Lev Ivanov. Autorevolmente firmato, invece, nel settembre 1953 e da George Balanchine, il secondo atto del Lago con il New York City Ballet , poi ripreso dai soli danzatori scaligeri nel febbraio 1961. In quell’occasione le scene e i costumi firmati dal celebre fotografo Cecil Beaton furono sostituiti dall’abituale décor di Aleksandr Benois.

Nell’ottobre  1954 comparve alla Scala la versione, immancabilmente da Petipa-Ivanov, di Nicholas Sergeyev con il Sadler’s Wells Ballet, mentre dal 1964 e sino al 1968 fu preferita la messinscena di Nicholas Beriozoff:  Maja Plisetsskaja (Odette/Odile) e Nikolaj Fadejecev vi trionfarono nel 1964.

 

 

La storia del balletto

È arduo immaginare come la musica del Lago dei cigni, da tempo considerata un capolavoro, potesse risultare “difficile” per i suoi primi ascoltatori. Eppure il 20 febbraio 1877, al Teatro Bol’šoj di Mosca, la prima rappresentazione assoluta del balletto non ebbe successo. Forse mal diretta, fu abbinata all’irrisolta coreografia dell’austriaco Julius Wenzel Reisinger e danzata dalla “pesante e inespressiva” Pelagija Michajlovna Karpokova.

Il balletto fu ripreso a Mosca nel 1880 e 1882, con una nuova coreografia di Joseph Hansen, ma ancora una volta senza esito positivo. E, probabilmente, sarebbe davvero scomparso dal repertorio se, dopo il trionfo degli altri due balletti di Čajkovskij –  La bella addormentata (1890) e Lo schiaccianoci (1892) – il principe Vševoložskij, sovrintendente dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, non si fosse deciso a indagare sulle cause dell’insuccesso del balletto moscovita e a rilevarne la partitura.

Il compositore ne fu felicissimo: per quanto incerto sul suo valore, Il lago dei cigni gli era specialmente caro. Forse perché era il suo primo balletto o forse perché la sua atmosfera gli ricordava il breve balletto da lui composto per i nipoti nel 187 già intitolato Il lago dei cigni e arricchito dal tema musicale della fanciulla-cigno. Purtroppo Čajkovskij non fece in tempo ad assistere al pubblico trionfo del nuovo balletto che debuttò, per intero, in tre atti e quattro scene (oggi si preferisce scandirlo in quattro atti), al Teatro Mariinskij, il 27 gennaio 1895. Una data da ricordare: la vera storia del Lago dei cigni, come lo conosciamo ancora oggi, comincia allora.

In quella serata fu immortalato il primo vero “cigno”, Pierina Legnani, una ballerina milanese la cui fama trovò consacrazione in Russia. Pierina ottenne infatti il titolo di “prima ballerina assoluta” per il suo virtuosismo tecnico che la mise alla testa della nuova generazione di “divine” italiane, predilette da Petipa. Nel Lago dei cigni, fu proprio lei a introdurre, nel ruolo del cigno nero (Odile), i famosi trentadue fouettés. Accanto alla Legnani ecco anche Ol’ga Preobraženskaja (interprete del pas de trois del primo atto): la futura grande insegnante a cui il direttore d’orchestra Arturo Toscanini affiderà, nel 1921, la direzione della Scuola di Ballo della Scala.

La nuova coreografia del Lago dei cigni pietroburghese recava due firme: quella di Lev Ivanov, il primo grande coreografo russo, per gli “atti bianchi” (che oggi corrispondono al secondo e al quarto) e quella del francese Marius Petipa per il primo e il terzo atto, cui si deve la resurrezione del Lago dei cigni dopo gli insuccessi moscoviti. Petipa non si limitò a rielaborare il libretto e a modificare la scansione delle scene; interpolò nella partitura originale alcuni brani pianistici di Čajkovskij, orchestrati da Riccardo Drigo (che diresse anche il balletto nel 1895) e vi aggiunse pure qualche pagina di sua composizione (per il grand pas de deux). Operò anche dei tagli sulla musica originale del primo atto e la ampliò nel terzo, con la trasposizione di un pas de deux diventato celebre come “il cigno nero”.

 

Trama e scene

La fonte più probabile del soggetto del Lago dei cigni è la raccolta di fiabe germaniche Volksmärchen der Deutschen di Johann Musäus, pubblicata alla fine del Settecento e familiare ai bambini russi educati al tedesco. Ecco perché i personaggi hanno nomi tedeschi, come il principe Siegfried che, nel primo atto, celebra il suo ventunesimo compleanno nel parco del suo castello. La regina madre interrompe i festeggiamenti : è infatti ormai giunto il momento che egli si scelga una sposa tra le fanciulle che parteciperanno al ballo della sera seguente. Rimasto solo, Siegfried è turbato da una vaga melanconia: vede volteggiare nei cielo alcuni cigni bianchi e decide di andarli a cacciare insieme agli amici. Sulle rive del lago, all’inizio del secondo atto, i giovani prendono di mira uccelli, che però si trasformano in bellissime fanciulle-cigno. Siegfried punta la sua balestra, ma colei che guida il gruppo lo ferma narrandogli di essere la principessa Odette, trasformata in cigno come le sue compagne da un sortilegio del mago Rothbart, da cui potrà essere liberata solo se qualcuno le giurerà eterno amore.

Colpito dalla sua bellezza, il principe getta via la balestra e promette di salvarla. L’incanto amoroso dei due giovani si riverbera nella danza corale dei cigni, ma da lontano Rothbart richiama le sue creature prigioniere. Siegfried, allora, giura eterno amore a Odette e la implora di partecipare al ballo in cui dovrà scegliere la sua sposa.

Ma è ormai giunta l’alba; la principessa tornata cigno, esce di scena. La sala da ballo del castello accoglie il terzo atto del balletto con le sei presunte fidanzate, tra le quali il principe si rifiuta di sceglierne una sposa, la suite di danze nazionali presentate da ospiti di vari paesi, il barone Rothbart con sua figlia Odile, la seducente sosia “in negativo” di Odette.

Rapito dal  fascino di Odile, il principe la invita a danzare e la sceglie come sposa, giurandole eterno amore davanti alla regina madre. Ma Rothbart e Odile hanno ordito ai suoi danni un fatale inganno e ora fuggono via trionfanti. Il bianco spirito errante di Odette appare in lontananza e il principe, disperato, abbandona il castello e corre  verso il lago.  Sulle rive i cigni danzano tristemente, all’inizio del quarto atto; Odette piange la sorte a cui è ormai condannata, accasciandosi al suolo.  Arriva Siegfried,  pentito dell’involontario tradimento, e la solleva teneramente, implorando il suo perdono. Ma Odette è morente; Siegfried le toglie il diadema e lo getta nelle acque del lago che salgono e sommergono i due innamorati. I loro spiriti sono visti volare uniti al di sopra del lago tornato calmo.

In altre versioni del finale, Rothbart solleva il lago contro Siegfried che segue Odette nelle acque e con lei risorge in un mondo migliore. Però esiste anche un happy end: voluto dal realismo socialista dell’ex Unione Sovietica, spicca nella versione Bourmeister (1953) presentata alla Scala solo nel 2004. Qui Siegfried rompe l’incantesimo di Rothbart ; i cigni tornano a essere donne e i due amanti si avviano verso una felicità terrena. (Ma.Gu.)