Raymonda variations
Una nuova visiva del New York City Ballet, più rapida di quella del 1953, si materializzò a più di dieci anni di distanza, nel 1965, con una serie di creazioni raggruppate in tre serate di spettacoli. A Raymonda Variations fu riservata l’apertura, questa volta con il titolo non più tradotto in italiano, come si noterà anche per gli altri balletti del programma, bensì in inglese: piccoli indizi di un clima culturale cambiato e di una maggiore apertura verso l’estero. Creato nel 1961 per il New York City Ballet, il lavoro giunse alla Scala con gli stessi protagonisti: Patricia Wilde e Jacques D’Amboise nei ruoli principali, e con le stesse scene di Horace Armistead e i costumi di Karinska. Nulla a che vedere, se non per parte della musica di Aleksandr Glazunov, con la Raymonda in tre atti di Marius Petipa, andata in scena al Teatro Mariinskij nel 1898.
Quando il sipario si alza, dodici ragazzi posano in un elegante giardino. Danzano e sono raggiunti dai due principals. Poi la ragazza e il suo partner restano soli per un adagio, seguito da una serie di nove variazioni, o assoli, interpretati da cinque ballerine e i due protagonisti. Il balletto finisce con una coda e un finale con tutti i danzatori. “Parlare di queste danze”, scrisse Balanchine, “ è inutile al di fuori della musica; non hanno alcun contenuto letterario e naturalmente non hanno nulla a che fare con la vicenda originale del balletto Raymonda. La stessa musica, con le sue volute grandiose e generose, la sua gioia e la sua pienezza, per me fu più che sufficiente per costruire il plot delle danze”.
Mai più ricomparso in questa forma succinta e astratta, Raymonda, nella versione integrale, in tre atti, avrebbe dovuto invece debuttare nel 1989, quando il Corpo di Ballo scaligero preparò la coreografia di Jurij Grigorovič, ma poi la bloccò con uno sciopero che ne impedì l’andata in scena. Tre anni dopo la Scala accolse, invece, la versione di Rudolf Nureyev con il Balletto dell’Opéra di Parigi: un evento quasi ignorato e a Scala semivuota. Solo in apertura della stagione 2010-2011 il titolo vide la luce con i danzatori scaligeri nella ricostruzione “filologica” di Sergej Vikharev dall’originale di Petipa. (Ma.Gu.)