Nicola Evreinoff
(Nikolaj Evreinov)
Nel 1929 Evreinov, emigrato nel 1925, trascorre più di due mesi a Milano, impegnato nell’allestimento de Il teatro della guerra eterna al Teatro Filodrammatici (www.teatrofilodrammatici.com/gallery/), con Tatiana Pavlova e la sua compagnia di giovani talenti italiani. Il debutto ha luogo il 3 aprile 1929 ma lo spettacolo, annunciato dalla stampa nazionale già da qualche mese, non ottiene il successo sperato. Scrive il critico Renato Simoni:
Non è un tentativo facile quello dell’Evreinoff; e ci sono, specialmente nei primi due atti, invenzioni bizzarre, vivi pensieri, definizioni acute, posizioni artisticamente e psicologicamente di prim’ordine, e lampi di poesia. Ma la commedia resta frammentaria, perché l’idea che l’informa si sparpaglia […]. La vicenda che collega i vari gruppetti di personaggi appare, sparisce, si vela, si confonde, in un barbaglio di luci e di aforismi. Il teatro della guerra eterna è un’opera strana e interessante e di ardito colore, ma è tumultuosa, e i personaggi, per voler dir troppo e dimostrar troppo, perdono la semplice parola dell’umanità.
(r.s., Filodrammatici. “Il teatro della guerra eterna”. Tre atti di Nicola Evreinoff, in «Corriere della Sera», 4 aprile 1929).
Terminato a Parigi nel 1928, Il teatro della guerra eterna è un dramma che rientra nella cosiddetta “Trilogia del doppio teatro” di Evreinov. Intenzionato a studiare il fenomeno del teatro nella vita, il regista ha sviluppato la sua indagine religioso-morale con Ciò che più importa, quella politico-sociale con La nave dei giusti), e quella filosofico-esistenziale con Il teatro della guerra eterna. La traduzione di quest’ultima opera esce a Firenze nel 1932, nella collana “Collezione del Teatro Comico e Drammatico” dell’editore Nemi; come spesso accadeva, il nome del traduttore non è specificato, ma tutta una serie di dettagli stilistici e linguistici rimandano a Raissa Olkienizkaia Naldi. Alla traduttrice, di origine russa, si deve anche la traduzione di altre tre opere di Evreinov, La gaia morte, Tra le quinte dell’anima, Ciò che più importa, sulle quali lavorano – in distinti allestimenti e letture drammatizzate – Luigi Pirandello, Alfredo Sainati, Alessandro De Stefani.
Scheda biografica
Nato a Mosca nel 1879, sarà drammaturgo, regista, teorico e storico russo del teatro. Prima della rivoluzione del 1917 organizza il “Teatro Antico” (1907-1908 e 1911-1912) in cui presenta ricostruzioni di misteri medievali francesi e commedie spagnole del Seicento. In seguito fonda e dirige – fino al 1917 – il teatro sperimentale “Lo specchio deformante”, dove rappresenta alcuni suoi brevi testi satirici.
Nell’autunno 1920 conosce Anna Aleksandrovna Kašina, con la quale dà inizio a un intenso sodalizio umano e professionale. Il 20 febbraio 1921, a Carnevale, Evreinov debutta con successo al Teatro Vol’naja Komedija (Libera Commedia) di Pietrogrado con Samoe glavnoe – allestita da Pirandello nel 1925), e poco dopo sposa Anna Kašina.
La coppia si sposta per numerose tournée: nel novembre-dicembre 1922 a Berlino e a Parigi, da marzo a giugno 1923 in Caucaso. Nell’estate 1924, in Crimea, Evreinov comincia a progettare Korabl’ pravednych (La nave dei giusti), una “epopea drammatica” in tre atti che rimanda alla scelta dell’esilio.
Il 30 gennaio 1925 inizia la nuova tournée che, in realtà, segna il definitivo distacco dalla Russia. Le tappe di quell’esodo in treno sono: Leningrado, Pskov (dove Evreinov ha trascorso l’infanzia), Riga, Varsavia, Cracovia, Praga, Parigi, dove la coppia si stabilirà e dove Evreinov continuerà la sua attività di teorico del teatro, di regista e, con minore fortuna, anche di autore. Molto interesse suscita la sua teoria del teatro, esposta in alcuni saggi: Apologia della teatralità (1908), Introduzione al monodramma (1909), Il teatro come tale (1913), Il teatro della vita (1915-1917), Che cos’è il teatro (1921).
Nel 1928 Evreinov termina Teatr večnoj voyny (Il teatro della guerra eterna), la terza opera della sua “Trilogia del doppio teatro”.
Secondo Evreinov, il teatro non deve riprodurre la realtà obiettiva ma deve deformare gesti e intonazioni, usando la caricatura e il grottesco. La vita stessa deve essere interpretata come “teatrocrazia”, esaltando l’istinto umano per la teatralità e il mascheramento.
Muore a Parigi nel 1953.