L’uccello di fuoco
La giovanilistica musica di Igor Stravinskij dagli echi crepuscolari dell’L’uccello di fuoco ci ha abituati ad associare, in specie a Milano, e sul palcoscenico del Piermarini, questo balletto in un atto e due scene di Michel Fokin con lo stile moderno della versione di Maurice Béjart (1970), facendoci dimenticare le sue origini esotiche. Invece, il lussureggiante cromatismo del décor di Alexander Golovin e dei costumi di Léon Bakst (per l’Uccello di fuoco e la Zarevna) contribuirono non poco al successo che arrise al balletto, il 25 giugno 1910, allorché fu presentato all’Opéra di Parigi con i campioni dei Ballets Russes: Tamara Karsavina (L’uccello di fuoco), lo stesso Fokin (lo Zarevic), la moglie Vera Fokina ((la Zarevna) e Aleksandr Bulgakov in alternanza con Erico Cecchetti (Katchei).
Mostrando vaghe affinità con Il lago dei cigni, il balletto coglie l’essenza della rivoluzione “nostalgica” di Fokin; mostra come molte creazioni del grande coreografo – incluso Petruška – siano revival folkloristici, sogni mitologici, profumi del passato rifratti in una delicata, talvolta tragica (Petruška, appunto) luce d’oblio che si esalta nei disegni spaziali di gusto liberty. Un incanto che galvanizzò tutta la platea del tout Paris .
Non così a Milano, dove il balletto comparve diciassette anni dopo, il 10 gennaio 1927 alla Scala, diretto da Ernst Ansermet e poi da Roger Desormière, con le scene e i costumi rinnovati di Natalia Gontcharova. L’impresario dei Ballets Russes, Djagilev che nel balletto sfoggiava i grandi interpreti di allora, come George Balanchine, Serge Lifar, Olga Spessiva, Lubov Tchernicheva, contava molto sul fascino della musica e della messinscena e teneva in modo particolare a conquistare la capitale del vecchio “ballo grande” di Luigi Manzotti, ma rimase deluso.
Successo tiepido, anzi tiepidissimo, che però si trasformò in successo allorché, nel settembre 1953, fu uno degli interpreti del balletto di allora, George Balanchine, divenuto geniale coreografo e direttore del New York City Ballet, a presentare il suo Uccello di fuoco (vedi scheda) in una vetrina dedicata alla sua compagnia e con i soli effetti di luce di Rosenthal. Prima di questo evento, nella stagione 1940-41, Nino Sonzogno diresse L’Uccello di fuoco, nella versione coreografica di Nives Poli. “La giovane coreografa di particolare sensibilità e preparazione”, scrive lo storico del balletto Luigi Rossi, “andò evidentemente formandosi la convinzione della necessità di appoggiare esclusivamente la propria invenzione su base musicale, invertendo virtualmente la tendenza che per troppo tempo aveva dominato alla Scala”. E possiamo aggiungere la invertì anche grazie all’esempio dei Ballets Russes. Altro evento particolare, ma soprattutto legato al nome dello scenografo-costumista Alberto Savinio, fu la parziale presentazione dell’Uccello di fuoco il 31 dicembre 1949 in una sorta di gala, confezionato coreograficamente da Margherita Wallmann e in cui compariva anche una riduzione del Lago dei cigni (qui con scene di Aleksandr Benois). Della serata, diretta per la parte musicale da Issay Dobrowen, fu protagonista Yvette Chauviré, con al fianco Vladimir Skouratov nel ruolo dello Zarevitč.
Ripreso dalla coppia Grigoriev-Tchernicheva e ancora con le scene di Natalia Gontcharova, L’Uccello di fuoco tornò poi nel 1954, recando con sé la bella sorpresa di Margot Fonteyn nel ruolo protagonista. Nel 1957 Carla Fracci fu invece la Zarevna, sempre nella stessa messinscena ed ebbe successo anche in luglio, nella stagione estiva. In seguito il balletto, firmato dal suo primo autore, ricomparve nel 1969, con Vera Colombo, prima, e Liliana Cosi, poi, nel ruolo del fantastico volatile. Dal dicembre 1973 subentrò alla versione di Fokin quella meno favolistica e più ideologica di Maurice Béjart.
(Ma.Gu.)