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Orfeo

La richiesta di creare un balletto sul mito di Orfeo fu avanzata a Stravinskij dallo stesso George Balanchine e da Lincoln Kirnstein, il futuro direttore organizzativo del New York City Ballet. Quando la creazione – in tre scene – vide la luce a New York, nel 1948, la compagnia non era ancora nata e il nucleo dei ballerini che la danzarono erano ancora riuniti nel gruppo denominato Ballet Society. Cinque anni dopo, nel 1953, il debutto alla Scala avvenne con gli stessi interpreti del Ballet Society divenuti parte del New York City Ballet, ad eccezione della Regina delle Furie, non più la Tompkins, ma la Walczak. Intatti, invece, le scene e i costumi del celebre scultore americano-giapponese Isamu Noguchi, abituale collaboratore di Martha Graham, che qui creò con fantasia sbrigliata uno dei suoi décor teatrali più apprezzati. Un Balanchine eccezionalmente quasi narrativo segue il cammino del disperato Orfeo condotto agli Inferi da un Angelo Nero. Trova Euridice, ma la perde di nuovo nel momento in cui la sposa gli toglie la maschera che lui aveva promesso di mantenere sul viso. Tornato sulla terra, il cantore degli dei è assalito dalle Furie che lo uccidono e il balletto termina con un’ invocazione di Apollo al figlio Orfeo. Senza varianti, il titolo di Balanchine tornò alla Scala nel 1964, ma questa volta lo danzavano i ballerini del Teatro. Tra gli Spiriti si riconosceva Luciana Savignano. (Ma.Gu.)

 

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