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Passo a tre

Due anni prima di approdare a Milano, nel febbraio 1951, George Balanchine arrangiò per la seconda volta un Passo a Tre su musica di Ludwig Minkus, tratta dal balletto Paquita. Gli interpreti, in costumi di Karinska, erano Maria Tallchief, Nora Kaye e André Eglewsky, grandi stelle del New York City Ballet.
Al Teatro alla Scala, nel 1953, la Tallchief fu sostituita da Patricia Wilde, per il resto il breve exploit che sarebbe vissuto poco nel repertorio della celebre compagnia statunitense, era identico all’originale del ’51 e non al Pas de Trois creato dallo stesso Balanchine nel 1948 per il Grand Ballet du Marquis de Quevas.
Gli ingredienti della danza erano la brillantezza, il virtuosismo tecnico, la purezza classica, ispirata al modello di Marius Petipa e del balletto tardo romantico russo che Balanchine prediligeva e sul quale già da tempo andava costruendo le sue innovazioni contemporanee. Proprio Petipa, del resto, aveva rinnovato in Russia, nel 1881, quella Paquita francese del 1846, a firma Joseph Malizier. Ma questo revival di Petipa, nella sua interezza, non giunse mai alla Scala. Nel 1970 comparve il solo divertissement finale della versione “da Petipa” di Rudolf  Nureyev, allestito da Marika Besobrasova; nel 1986 un “Incontro con la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala” proponeva una variazione classica per una coppia di allievi al Teatro Smeraldo, mentre nel 1988 una “Serata di Gala” dei Solisti del Balletto del Teatro Kirov ritornava al puro Petipa con il Pas de Trois e le sue variazioni. (Ma.Gu.)