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Serenata

Balletto in quattro quadri su musica di Pëtr I’lič Čajkovskij, privo di scene, con i soli costumi di Barbara Karinska e gli effetti di luce di Jean Rosenthal, Serenata (Serenade) aveva debuttato con le diciassette allieve della School of American Ballet, un paio di allievi (ed altri costumi, quelli di Jean Lurçat), quando il giovane Balanchine era da solo un anno negli Stati Uniti; quella fu la sua prima coreografia americana.
Nel 1948 divenne parte del repertorio del New York City Ballet, cambiando il numero degli interpreti e qualificandosi come uno dei suoi exploit più amati e rappresentati. Privo di trama, ma romanticamente costruito sulla musica (Serenata in do per orchestra d’archi), sviluppa – secondo la ben nota astrazione neoclassica balanchiniana – i quattro momenti senza interruzione, grazie a ventotto danzatori in costumi celesti, davanti a un ciclorama pure azzurro. Nelle magnifiche figurazioni è possibile intravedere stati d’animo, vaganti tra amore e nostalgia, desiderio, rimpianto, e persino un danzatore conteso da due ballerine. Ovvero, una piccola, disperata vicenda amorosa: negata, come al solito, dal coreografo. “Molta gente crede che in questo balletto vi sia una storia nascosta” ha scritto, infatti, Balanchine, “Non è vero. Ci sono, semplicemente, danzatori in movimento su di un bel pezzo di musica, una serenata, una danza, se vi piace, alla luce della luna”.

Serenata, replicato due volte in quel fortunato settembre 1953, entrò nel repertorio scaligero, nel febbraio 1960 con il suo titolo originale: Serenade. Ripreso nel 1962 e nel 1965, è passato in anni recenti alla Scuola di Ballo della Scala nell’originale formazione del 1934. (Ma.Gu.)

 

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