Ballets Ida Rubinstein
Dopo essere stata ospite del Teatro alla Scala già nel 1911 con una quarantina di repliche di Cléopâtre e Shéhérazade, due balletti di Michail Fokin, la Compagnia di Ida Rubinštein, interamente rinnovata, fece ritorno a Milano nel 1929, con un’altra serie di novità. Gli scandali suscitati a suo tempo dai due balletti di Fokin e in cui la Rubinštein spesso appariva discinta, con l’inusitato strascico di polemiche e di censure pubbliche (a esempio quella della Lega dei padri di famiglia) aveva lasciato un cattivo ricordo della “diva” tanto cara al vate Gabriele D’Annunzio. Così il suo ritorno fu giudicato negativamente. Il critico Carlo Gatti scrisse in “Il Teatro alla Scala nella storia e nell’arte”: “I balletti russi di Ida Rubinstein non sono piaciuti. Troppo povere di contenuto sembravano le azioni coreografiche, e troppo fastidio diedero tante belle musiche di grandi compositori, sviate, sciupate!”. L’accenno si riferiva soprattutto a Bach, utilizzato nella coreografia Le nozze di Amore e Psiche (Les Noces de Psyché et de l’Amour), su soggetto di Aleksandr Benois e coreografia di Bronislava Nijinska, la quale aveva curato – a eccezione di David, su musica di Henri Sauguet e coreografia di Léonide Massine, anche tutte le altre novità presentate alla Scala tra febbraio e marzo di quell’anno: La principessa cigno, su musica di Nicolaj Rimskij-Korsakov, Notturno, su musica di Borodin, Il bacio della fata di Stravinskij, La Valse e Bolero, su musiche di Ravel. Soltanto quest’ultimo balletto aveva avuto, come ricorda lo storico Luigi Rossi nel suo “Il Ballo alla Scala 1778-1970”, un’accoglienza positiva: “nella considerazione del pubblico e alla Scala otterrà sempre successi strepitosi nei vari allestimenti che si susseguirono”.
Interessante e vivo il ricordo di Nina Tichanova (Tikhonova e anche Tikhomova nelle locandine scaligere), una delle ballerine di fila della compagnia, nella sua autobiografia “La Jeune Fille en bleu”. “Ecco il Teatro alla Scala, tempio dell’arte lirica il cui nome si pronuncia con rispetto. Salvatore Viganò, celebrato da Stendhal, vi creò i suoi balletti. Che meraviglie nel suo affascinante Museo! Dopo due prove nel foyer riccamente decorato della Scala, fummo trasportati sulla scena. Vi regnava un pregnante odore di polvere e di legno antico. Immenso, severo, molto inclinato verso le tenebre della fossa d’orchestra, mi parve ancor più impressionante del palcoscenico dell’Opéra di Parigi. Grazie a Dio nessuno mi chiese di eseguire dei virtuosismi tecnici che, d’altra parte, non erano certo in voga nella troupe di Ida Rubinstein ove io allora non facevo parte che del corpo di ballo. Secondo i giornali, l’accoglienza dei Milanesi non fu entusiasta. “Il Corriere della Sera” criticò La Valse di Ravel; un altro giornale trovò la musica di Rimskij-Korsakov “semplicemente orribile”, e quella di Stravinskij “non certo migliore”. Quanto a Bolero…sì, forse nel complesso non così male..la Rubinstein, da qualche parte, fu apostrofata ‘lunga come un giorno senza pane’; e la sua troupe fu moderatamente applaudita”.