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La fiera di Sorocinzy

(Sorocinzi, Sorocinzy, Soročincy)

Il 21 marzo 1942 esordisce La fiera di Sorocinzi di Musorgskij, su soggetto della novella con cui si apre la raccolta di racconti Veglie alla fattoria presso Dikan’ka di Nikolaj Gogol’, diretta da Antonino Votto, per la regia di Sanin, direttore dell’allestimento scenico Nicola Benois. Per il debutto alla Scala di quest’opera, lasciata incompiuta dal suo autore, viene scelta l’edizione strumentata e integrata dal compositore Nikolaj Čerepnin. La Fiera rappresenta una vera e propria novità per il pubblico milanese, che lo scenografo Vsevolod Nikulin riesce ad ammaliare con un affresco dai colori smaglianti dell’Ucraina gogoliana scanzonata e festosa. I bozzetti e i costumi sono un omaggio al vivace folclore ucraino che la fervida fantasia di Nikulin interpreta con brio e ricchezza di dettagli, ottenendo un risultato di grande efficacia. Il bozzetto per la prima scena raffigura in primo piano l’animata fiera affollata di mercanti, popolani e soldati negli sgargianti costumi tradizionali. Sullo sfondo ci sono due collinette, un tipico villaggio ucraino con la chiesetta dalla cupola a cipolla e, in lontananza, un fiume: un quadretto che asseconda un’immagine della cultura popolare russa in pieno accordo con la percezione del pubblico italiano. Per il secondo atto, Nikulin disegna una caratteristica casa contadina ucraina dal tetto di paglia, con l’interno a vista, circondata da una vasta prateria lungo la quale si allinea un filare di pioppi, mentre il bozzetto per il terzo atto viene realizzato dal pittore e scenografo Giovanni Grandi, che riprende l’esterno della casa arricchendolo di un giardino e di un frutteto nel pieno del rigoglio estivo. Nonostante qualche riserva per l’opera in sé, lo spettacolo riscuote una calorosa accoglienza soprattutto per le scene e la regia. Vice (M. Vellani Marchi), il critico  dell’”Illustrazione italiana”, trova “assai graziose e intonate le danze del terzo atto, dirette dalla signora Rosa Piovella” (Anno LXIX – N. 13 29 marzo 1942-XX).

La Fiera di Sorocinzy viene riproposta alla Scala nel 1955 con la direzione di Gianandrea Gavazzeni, la regia di Tatiana Pavlova, le scene e i costumi di Nicola Benois, che è anche direttore dell’allestimento scenico, coreografia di Boris Kniaseff. Salta all’occhio una differenza di approccio nell’impostazione dei bozzetti: Nikulin, da esperto illustratore, è interessato a trasmettere una visione d’insieme del racconto, a narrare per immagini. Al disegno destinato al primo atto imprime dinamicità, inserendo la fiera all’interno di un paesaggio di colline che evocano l’idea dell’affluire a Soročincy degli abitanti delle fattorie vicine e lontane. I bozzetti di Benois sono più statici, tendono a focalizzare i luoghi chiave dell’azione scenica: la piazza con l’osteria, alcune case dai tipici tetti di paglia e dai cui steccati spuntano allegri girasoli di un giallo brillante, di grande risalto tra le forti tinte dello sfondo. Il bozzetto per la seconda scena mostra la casa di Čerevik, che occupa quasi tutto lo spazio, mentre nell’angolo a sinistra un’immensa luna allude a demoniaci sortilegi notturni; la gioiosa scena finale si svolge sullo sfondo di un luminoso paesaggio campestre.
I costumi di entrambi gli scenografi sono vivaci e richiamano intarsi e ricami ispirati al folclore ucraino. Il critico dell’”Avanti”, Pestalozza, loda le scene di Benois definendole “fra le migliori che abbiamo visto” e adatte all’opera, a differenza della regia della Pavlova, che considera talvolta eccessiva e poco aderente al testo originale. Di tutt’altro parere sono Franco Abbiati e Eugenio Montale, che rispettivamente sul Corriere della Sera (22.V.1955) e sul Corriere d’informazione (22. V. 1955) elogiano entusiasti la regista.

 

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